PSICOLOGIA

di Rosanna Martin, psicologa del servizio di psicologia ospedaliera AOU Meyer

Se parliamo di compiti scolastici da fare a casa, l’immagine che ci sovviene raramente ha a che fare con la tranquillità, il silenzio, i sorrisi. E’ più facile che l’associazione sia fatta con le insistenze dei genitori, lo scontento dei bambini, a volte urla o pomeriggi infiniti accanto al figlio, magari dovendo rinunciare a momenti di svago famigliare, tanto utili. Ma allora perché sono importanti? Vediamolo insieme. I tanto detestati compiti per casa sono in realtà fondamentali per la crescita dei bambini per vari ordini di motivi, innanzitutto introducono per la prima volta la dimensione del dovere e della fatica. I bambini si confrontano con la basilare perdita del principio del piacere che ha governato tutta la prima infanzia.
E’ normale inizialmente per un bambino di prima elementare resistere al cambiamento e non comprendere il motivo delle limitazioni al proprio tempo libero e al gioco. L’intervento dei genitori già nella cornice prescrittiva, è fondamentale. Fin dall’inizio un genitore non deve abdicare al proprio ruolo autorevole, i compiti vanno fatti, possiamo scegliere insieme al bambino un orario e un luogo adatto e far rispettare con metodicità e costanza l’impegno preso, troppe deroghe confondono il bambino e gli permettono gli infiniti “li faccio dopo…” che seguiranno. Sicuramente la modalità del genitore, possibilmente calma e paziente, deve essere utile a sostenere il figlio nella sua fatica, rassicurandolo sulla fiducia che il genitore ha rispetto alla sua capacità di accettare un dovere, concetto fondamentale per la crescita. Un altro obiettivo da raggiungere insieme, è aiutare il bambino a sviluppare una propria autonomia e capacità organizzativa nello svolgimento dei compiti. Il protagonista deve essere sempre il bambino, sostituirsi a lui è l’esatto contrario dell’aiutarlo. Il bambino può essere più o meno bravo, più o meno veloce, ma va sempre rispettato e rinforzato positivamente, urla, rimproveri e critiche servono solo a minare la fiducia in se stessi e ad alimentare una spirale di rabbia che porterà a rifiuti e ripicche. Essere disponibili all’ascolto e all’aiuto su richiesta del bambino è il modo migliore per sostenere il figlio e aiutarlo a confrontarsi con i propri punti di forza e le proprie fragilità e più in generale con la conoscenza di sé. Fare sempre e tutti i compiti con il figlio non è il modo migliore per sostenerlo, mostra più che altro una difficoltà della coppia nello sviluppo, inteso come disfarsi del viluppo, della simbiosi genitore-bambino. Reagire alla frustrazione è un’altra fondamentale tappa dello sviluppo.
E’ facile per un bambino (ma non solo!) abbandonare il compito che non riesce subito e con facilità, qui il genitore deve funzionare da motivatore, infondendo quella fiducia nelle capacità che in quel momento il bambino mostra di non possedere, “dai che puoi farcela” è il messaggio che il genitore non deve mai stancarsi di suggerire al figlio. Per ultima ma non meno importante, una provocazione che merita una profonda riflessione: chi va a scuola? Chi si sente più valutato dalle maestre o dalle altre mamme? Il genitore o il bambino? Ricordiamoci che i bambini leggono tutto sul volto dei genitori e che il desiderio di soddisfare le aspettative di mamma e papà è per loro un vero atto d’amore, al contrario vedere che le deludono, un dolore profondo.