IL GIOCO È UNA COSA SERIA

di Manuela Trinci, psicoterapeuta infantile, direzione scientifica ludo-biblio AOU Meyer

…e poi arriva l’età delle serate demenziali tra amichetti, delle barzellette che fanno ridere a stento…e magari di strane sigle come GdR (Giochi di ruolo), PG e altro ancora! Diciamo pure che ragazzine e ragazzini, non di rado con modalità un po’ carbonara, iniziano a interessarsi a quelli che comunemente vengono chiamati giochi di ruolo o meglio story games o addirittura nano games.
Infondo bastano due dadi, carte con regole, schede, un master (l’esperto, spesso un adulto) che organizza e mette ordine e via: si gioca.

In realtà i giochi di ruolo, datati inizio anni ’90, sono stati per molto tempo giochi ideati dai grandi per i grandi, con ferree regole di narrazione così da permettere ai giocatori di condividere le fantasie e di costruire insieme una storia.

Invece, a questo punto, i giochi di ruolo imperversano tanto che si organizzano gruppi di giocatori nelle librerie, nelle sezioni giovani delle biblioteche e persino fra gli under-sei nelle ludoteche.

Spogliati per lo più delle connotazioni nerd/geek che di solito si portano appresso, questi giochi sollecitano nei bambini la capacità di immaginare, di diventare ciò che non si è, di invertire i ruoli, di cogliere empaticamente i punti di vista dell’Altro, oltre, ovviamente, al fatto che l’immedesimazione nel personaggio consente l’espressione di emozioni e sentimenti, dalla rabbia, all’intemperanza, all’amore, non sempre facilmente riconoscibili e gestibili.

Per non parlare dell’accrescimento delle competenze sociali. Il ragazzino deve, infatti, trattare con i compagni per stabilire come vadano ripartiti i ruoli e come debba procedere la storia; deve talora imporsi talaltra scendere a compromessi per venire a patti con le idee altrui.

Vogliamo diventare tutti Clouseau e scoprire arma e assassino del terribile delitto avvenuto in una stregata residenza inglese? Per gli aspiranti detective a disposizione Cluedo, anche nella versione Travel.

Vogliamo giocare con Tom and Jerry&C.? Cartooner sarà allora perfetto. Ma ci sono anche giochi di ruolo ispirati a Guerre Stellari come pure giochi che fanno delle sitcom preferite il centro narrativo. Ovviamente non mancano i giochi ispirati al fantasy, ai draghi da abbattere, alle scuole di magia agli incantesimi o alle stregonerie e altri ancora, progettati per i più piccoli, caratterizzati soltanto dal disegnare (piuttosto che narrare) le avventure dei personaggi scesi in campo. Se poi i genitori desiderassero un confronto etico sull’uso dei giochi di ruolo, basta sfogliare le pagine on-line delle riviste specializzate in confronti spesso serrati e proficui con lo staff di Kid&Dragons.

A ben guardare si potrebbe pensare ai giochi di ruolo come a derivati - evoluti dei più abituali travestimenti da mago, infermiera, verduraio, astronauta, cavaliere, pompiere, travestimenti che tutti rimandano a quel “facciamo finta che io ero”, a quella innata capacità che si inizia a costruire quando i piccoli infilano per la prima volta i piedi nelle scarpe della mamma o del babbo.

Da lì in poi le azioni si combinano e si strutturano in sistemi narrativi spontanei sempre più complessi, sostenuti dal linguaggio in crescita. Ad arricchire gli scenari, a moltiplicarne le prospettive di sviluppo narrativo giungono in aiuto le parole dei racconti, le immagini dei libri, gli eroi e le eroine del cinema e della televisione, i giocattoli, i piccoli e grandi accadimenti quotidiani.

“Facciamo che io ero…” diventa allora la frase magica, quell’apriti sesamo che prelude all’assunzione di ruoli, alla messa in scena di rappresentazioni in cui il bambino è protagonista assoluto.

In quell’universo in cui tutto è possibile, in quel luogo dove le leggi che regolano il mondo fisico non entrano e l’immaginazione spazia senza limiti, dove ogni bambino può essere in un bosco a caccia di orsi, volare come essere invisibile, è in tale luogo che si allena quella capacità di immaginare che è nella natura dell’infanzia migliore, dell’infanzia più fortunata.