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PER I NOSTRI FIGLI

di Angela Pittari, pediatra di famiglia
Disegno di una mamma che cerca i pidocchi con una lente sulla testa del bambino

Con l’inizio della scuola, immancabilmente come tutti gli anni, ecco una voce serpeggiare tra le mamme inorridite: in classe ci sono i pidocchi! E tutti gli scolari sono a rischio di contagio. Silenziosi, come dal nulla, si diffondono sulle testoline dei bambini (scuola materna ed elementari), senza distinzione di sesso né di classe sociale, senza un particolare campanello d’allarme, solo un fastidiosissimo ed evidente prurito. Ed allora si assiste a un’inutile quando umiliante caccia alle streghe per individuare il bambino sudicio che ha osato introdurre in classe una tale nefandezza. Niente di più sbagliato. Sì, perché ora, contrariamente a quanto succedeva tanti anni fa quando le condizioni igienico-sanitarie lasciavano in generale molto a desiderare, il signor Pidocchio non si annida più tra i capelli sporchi ma preferisce teste pulite e profumate. Quindi umiliare un bimbo che ha avuto la sfortuna di essere stato contagiato può essere deleterio e di nessuna utilità. Sembrerà strano, ma non esiste nessuna prevenzione: non serve a nulla tagliare i capelli, né lavarli più spesso, né cospargerli di aceto o di maionese, non esistono sufficienti studi clinici che dimostrino l’efficacia di prodotti a base di sostanze naturali, come l’olio di cocco, l’Echinacea purpurea, l’olio di geranio, il succo di limone. L’unica accertata e valida azione preventiva è l’attenta ispezione del capo dei bimbi aiutandosi con un pettine a denti fitti (pettinella) per individuare le uova di questo parassita. Andiamo con ordine e conosciamo da vicino questo ospite non proprio gradito.

La pediculosi, dal nome latino Pediculus Humanus, nota già al tempo degli antichi Egizi, è una parassitosi abbastanza frequente che si riconosce agevolmente, la cui terapia è efficace e non lascia nessun segno permanente né sui capelli, né sulla cute del malcapitato ospite. Il pidocchio, un piccolo insetto di circa 2-3 mm di colore giallo-marrone, privo di ali, si nutre del sangue dei mammiferi, di solito si annida, cresce e prolifera sui capelli (variante capitis) ma negli adulti si diffonde anche tra i peli pubici e delle ascelle, è in grado di trasferirsi da una testa all’altra (non salta) per contatto stretto o per scambio di oggetti infestati come pettini, spazzole o cappelli. La sede preferita dal pidocchio è in prossimità delle orecchie e a livello della nuca laddove, per la maggiore vascolarizzazione, c’è più caldo e più nutrimento, quindi un microambiente ideale perché le femmine depongano le uova (lendini) di colore grigio perlaceo (5-8 al giorno) attaccandole sul capello, a circa 1/2 cm dal cuoio capelluto, mediante una sostanza vischiosa insolubile in acqua. Le lendini si schiudono in circa una settimana dando origine alle ninfee che impiegano circa altre due settimane per raggiungere la maturazione sessuale e cominciare a deporre a loro volta le uova.

Quando è in atto l’infestazione il primo sintomo è un intenso prurito, causato dal morso del parassita e avvertito in prossimità della nuca, che inevitabilmente porta a un quadro di tipo irritativo e di conseguenza a lesioni da grattamento che tendono spesso a infettarsi con linfadenite satellite reattiva. Il pediatra fa agevolmente la diagnosi rilevando la presenza delle lendini o dell’insetto adulto nelle zone tipiche e prescrive la terapia che si avvale di prodotti specifici, antiparassitari, sotto forma di lozioni o schiume da applicare su tutta la testa, ripetendo il trattamento dopo sette giorni. È importante estendere l’ispezione e l’eventuale trattamento specifico a tutti i familiari e ai compagni di classe del soggetto interessato che con molta probabilità, frequentando gli stessi luoghi (famiglia, scuola, asilo, palestre, mezzi di trasporto), hanno contratto l’infezione. Fare il trattamento senza infezione non è efficace ai fini della prevenzione del contagio anzi può arrecare danni anche seri al cuoio capelluto e peggio ancora può indurre il pidocchio a sviluppare una resistenza verso i prodotti utilizzati.

Raccomando ai genitori di eseguire la terapia in modo scrupoloso: basta infatti che un solo soggetto non esegua alcuna terapia, ne scelga una non adeguata o la segua in modo impreciso (per esempio non facendo la seconda applicazione) per far ripartire l’infestazione. Si crea così un circolo vizioso che fa pensare a un invasore indistruttibile, a fantomatiche vene pidocchine (come mi ha confidato inorridita una nonna alle prese con il terzo episodio di pediculosi del nipotino) che sgomentano mamme, insegnanti e bambini stessi con l’impressione di non poter spezzare la catena di eventi, peraltro invece semplice e ben conosciuta agli esperti. Negli ultimi anni l’armamentario per il trattamento della pediculosi del capo si è ampliato a composti non insetticidi per cercare di superare i problemi di efficacia e di resistenza. Tra questi cito il dimeticone al 4% in soluzione che si è rivelato interessante perché non penetra attraverso la cute, si può usare anche nei bambini molto piccoli, in gravidanza e durante l’allattamento, è facile da usare e cosmeticamente bene accetto, è efficace anche in caso di resistenza perché dotato di meccanismo d’azione fisico in grado di by-passarli, permettendo anche somministrazioni ripetute.

Risulta altresì essenziale lavare accuratamente a 60°C o a secco gli oggetti personali che possono essere stati infestati (cappelli, cuscini, lenzuola, federe, copri-divani, peluches). Gli animali domestici non devono essere trattati in quanto non sono interessati da questo tipo di parassitosi.

La guarigione è considerata tale se dopo due settimane dal primo trattamento non ci sono più uova sui capelli (è necessario quindi controllare scrupolosamente il capo del bimbo, anche con l’aiuto di una lente d’ingrandimento). Se un tempo i bambini affetti da pediculosi venivano allontanati da scuola per settimane, aumentando il già gravoso disagio di essere infestati e contagiosi, oggi sono riammessi a frequentare la comunità subito dopo il primo trattamento. È indispensabile che le famiglie, superando falsi e anacronistici perbenismi, informino subito la comunità frequentata dal proprio bambino per fare prevenzione attiva con l’ispezione e l’eventuale trattamento dei contagiati e spezzare cosi la catena della diffusione della parassitosi.