Alberto Zanobini consegna il riconoscimento a Maria Nelli
Al grande pediatra del Meyer il riconoscimento in occasione del convegno della SIP
Alberto Zanobini consegna il riconoscimento a Maria Nelli

Almeno una volta l’anno le mamme portavano i loro figli per una visita da lui. Per questo amava dire di aver seguito la salute e la crescita di “qualche centinaio di migliaia di bambini fiorentini”. Parliamo del professor Giorgio Bartolozzi, fiorentino doc, classe ‘24, scomparso nel luglio di quattro anni fa, la cui intensissima vita professionale è stata sempre legata al Meyer. Ieri, a colui che tanti considerano ancora oggi un punto di riferimento, è arrivato un prestigioso riconoscimento: il titolo di Maestro della Pediatria. Ieri nel corso del 72esimo convegno della SIP, la Società italiana di pediatria, il Direttore generale del Meyer Alberto Zanobini ha consegnato a Maria Nelli, moglie del professore, l’onorificenza.

La carriera di Bartolozzi è stata costellata di grandi responsabilità e incarichi. Fino al 1999 ha diretto la Clinica pediatrica, è stato direttore del Dipartimento di Pediatria per dodici anni e direttore della scuola di specializzazione in Pediatria per sei anni. Per quindici anni ha ricoperto la carica di direttore scientifico del Meyer e ha fatto parte della Commissione nazionale vaccini del Ministero della Salute. Componente di importanti Società scientifiche (tra cui la SIP), ha scritto oltre 500 pubblicazioni, pubblicato diversi volumi, di cui tre riguardanti le vaccinazioni. Proprio in virtù del suo profilo di altissimo livello scientifico e del profondo legame con il Meyer, Giorgio Bartolozzi fu anche nominato tra i primi componenti del Consiglio d'amministrazione della Fondazione Meyer.

La vita del professor Bartolozzi è profondamente intrecciata con quella dell’Ospedale pediatrico fiorentino e a quella straordinaria fucina di grandi specialisti che è stata la Clinica pediatrica, diretta dal professor Cesare Cocchi di cui fu allievo, e successivamente dal professor Francesco Ragazzini. È in questa scuola che vede emergere professori del calibro di Alberto Vierucci, Carmelo La Cauza e più recentemente Maurizio de Martino, che Bartolozzi si forma e diventa quello che per tutta Firenze è il “pediatra a 360 gradi”. “In un’epoca in cui anche la Pediatria si andava a scomporre nelle differenti specializzazioni - ricorda il professor de Martino - Giorgio Bartolozzi resta uno dei pochi esempi di pediatra con una visione globale del bambino, che sa tutto di tutto. Un profilo quasi da uomo rinascimentale, dovuto alla sua grande capacità di estrarre quanto di fondamentale dagli studi che ha compiuto durante tutta la sua vita”.

Vorace studioso e grande comunicatore: sono questi i tratti con cui tutti amano ricordarlo. “Non solo ci spronava allo studio - ricorda la professoressa Gabriella Bernini, sua allieva - ma ci allenava alla curiosità. “Dottorina” - mi diceva - bisogna andare oltre ai sintomi, occorre porsi domande e approfondire per cercare di dare risposta”. “La sua parlata di Oltrarno, la sua naturale simpatia e la sua disponibilità verso i colleghi - prosegue il professor de Martino - lo rendono una figura indimenticabile per tantissimi pediatri che a lui si rivolgevano per avere consigli”.

Ma Giorgio Bartolozzi rimarrà sempre nella memoria di tutti per la profonda umanità. “In un tempo in cui i genitori ricevevano notizie dei figli dalla suora che li accoglieva all’ingresso del Meyer - ricorda ancora de Martino - lui ha saputo aprire l’ospedale alle mamme e ai papà 24 ore su 24, consentendo loro di stare vicino ai figli, condividendone il percorso terapeutico e l’ospedalizzazione”.

“Ricordo che prima di lui i bambini erano legati ai letti - dice la professoressa Bernini -. La sua grande umanità e il suo attaccamento al bambino e alle sue esigenze, ha consentito al nostro ospedale di avviare prima di tutti quel processo di umanizzazione che ora è patrimonio di tutta la pediatria”.

Sempre a lui, come ricorda la professoressa Bernini, si devono la creazione, negli anni ‘70, della prima Banca del Latte in Italia, e poco dopo della Nefrologia e della Dialisi pediatrica, della Reumatologia pediatrica e della Oncoematologia. “Se ho potuto fare quel che ho fatto ed essere quel che sono - prosegue la professoressa Bernini - è grazie a lui e alla sua straordinaria intuizione. Ricordo come se fosse ieri quando discutemmo con il professor Bartolozzi della necessità di avere una sezione di Neurochirurgia pediatrica al Meyer per non essere costretti a inviare altrove i bambini che dovevano, per la patologia da cui erano affetti, subire interventi neurochirurgici. Fu grazie a lui che si aprì la sezione nel nostro Ospedale”. Anche la creazione del Centro fibrosi cistica e lo Screening neonatale sono stati da lui favoriti. Importanti intuizioni da un pediatra che ha saputo leggere il presente per anticipare il futuro, contribuendo a fare del Meyer quel polo di eccellenza che è ora.

“Il professore Bartolozzi - conclude Bernini - non aveva un carattere facile, ma aveva un’arguzia che ti sorprendeva sempre. Ricordo che qualche anno fa, quando dei ladri entrarono in casa sua rubando i gioielli che trovarono, al giornalista che gli chiese se gli dispiaceva, lui rispose che i gioielli si potevano comperare nuovamente ma era fortunato perché avevano lasciato i libri e il computer. Poi pensandoci un attimo disse ai giornalisti, “non calchi troppo sui libri e il computer, non vorrei che tornassero a prenderli. Non potrei ricostruire anni di lavoro e di studio”.