PAROLA DI ESPERTO

a colloquio con Irene Crociani, logopedista AOU Meye

Il linguaggio è una delle grandi conquiste dell’infanzia, forse la più importante. Un viaggio che comincia nei primi giorni di vita e prosegue, passo dopo passo, verso quella maturità linguistica che permette ai piccoli di comunicare con gli altri. Non sempre quest’avventura prosegue senza intoppi. A guidarci in questo percorso, compresi eventuali ostacoli, è Irene Crociani, logopedista del Meyer. “Prima dell’anno - spiega la specialista - il bambino sviluppa la capacità di ascolto e di risposta, prima con i vocalizzi, poi con la cosiddetta lallazione”. A questo si affianca anche il repertorio gestuale costituito dai ciao-ciao, i baci, il saluto con la manina che tanto emoziona e diverte gli adulti. “Intorno all’anno - continua - cominciano le prime paroline, mentre tra i 18 e i 24 mesi si assiste alla cosiddetta esplosione del vocabolario: il bambino incrementa rapidamente il suo lessico e compaiono le prime combinazioni di parole. Dal punto di vista morfosintattico lo sviluppo della frase dovrebbe concludersi entro i primi tre anni, l’acquisizione dei fonemi, ovvero dei suoni che il bambino è in grado di pronunciare, dovrebbe completarsi intorno ai quattro anni, mentre l’arricchimento del lessico prosegue per tutta la vita”. Ovviamente queste tempistiche riguardano standard codificati che poi, nella realtà, sono soggetti a un’enorme variabilità: ogni bambino, infatti, ha i suoi tempi ed è giusto rispettarli senza ansie e pressioni.

“È importante – continua Crociani - che i genitori osservino il bambino in maniera globale, non focalizzandosi solo sul linguaggio espressivo, ma ponendo attenzione alle competenze comunicative-relazionali e di gioco che sono fondamentali per il successivo sviluppo linguistico. Quando i bambini cominciano a comunicare, spesso usano dei gesti per far capire cosa desiderano: alzano le braccia per farsi prendere in collo, fanno no con la testa o con il dito, indicano un oggetto o un evento, mostrano ciò che hanno in mano. Ci sono poi azioni che il bambino compie con bambole o animali-giocattolo facendo finta di essere la mamma o il papà: li accarezza, li pettina, li imbocca, li bacia e li abbraccia, lava loro la faccia o le mani. Si tratta di aspetti simbolici che influenzano lo sviluppo linguistico ed è importante osservarne la presenza e la frequenza nel proprio piccolo. Inoltre, i genitori, devono assicurarsi che il bambino comprenda ciò che gli viene detto: una buona comprensione del linguaggio, così come un ampio repertorio gestuale, sono degli indicatori positivi della successiva comparsa del linguaggio espressivo”. Ma quando occorre intervenire?

“Il bambino che a due anni dice poche parole o addirittura nessuna, può essere indirizzato a una consulenza specialistica così come il piccolo di tre anni che, come riferiscono i genitori, “è un gran chiacchierone, ma spesso non si riesce a capire quello che dice”. Per i bambini particolarmente piccoli, può essere utile un trattamento indiretto: i piccoli stanno nella stanza con i genitori e la logopedista, che li osserva giocare insieme e suggerisce delle strategie per migliorare le capacità comunicative nella diade genitore-bambino. Per i bambini più grandi, si può invece procedere con un trattamento diretto con la logopedista.

Il percorso da seguire quando si hanno dubbi sulla necessità o meno di aiutare un bambino nella sua conquista, prevede una visita preliminare da parte di un neuropsichiatra infantile prescritta dal pediatra di base. Se il bambino, inoltre, soffre di otiti o di forme catarrali ricorrenti che possono inficiarne la capacità uditiva, è opportuno effettuare in via preventiva una visita audiologica.