Convegno genetica e medicina nell'arte
Un convegno del Centro studi Fondazione Meyer esplora le anomalie genetiche nei capolavori del passato

Firenze – Rileggere i capolavori artistici del passato attraverso un occhio del tutto particolare: quello del clinico. Per scoprire, grazie alle conoscenze raggiunte oggi dalla medicina, la presenza di quelle anomalie e patologie genetiche che, da sempre, hanno accompagnato la storia dell’essere umano. È questo l’obiettivo di “Genetica e medicina nell’arte”, il convegno organizzato dal Centro Studi della Fondazione Meyer in programma questo pomeriggio nell’Aula magna del Meyer. È una prospettiva inedita quella che la giornata di studi si propone di affrontare, esplorando l’affascinante mondo della cosiddetta iconodiagnosi. E così, dall’antico Egitto, arriva il ritratto, di forte impatto visivo, del nano Seneb e la sua famiglia, vissuti 2500 anni fa. Una miniatura conservata alla Biblioteca di Parigi, attribuita alla Scuola Albigese che fiorì nel sud della Francia nei primi anni del Mille, ci consegna l’immagine di un uomo che solleva una gamba con eccessiva elasticità, possibile sintomo di lassità articolare o della Sindrome di Ehlers-Danlos. In una statua di terracotta messicana, del 500 a.C., invece, si trova forse la più antica immagine di una persona con Sindrome di Down. Un busto dell’Anatolia del 6500 a.C. ci mostra due gemelli siamesi. Mentre le infinite raffigurazioni del Giano bifronte, divinità italica, potrebbero in realtà alludere alla dipropsia, rarissima condizione con due facce. Testimonianze di anomalie genetiche, insomma, si trovano in tutte le culture e in tutte le epoche: gli artisti si sono spesso limitati a rappresentarle, con atteggiamento neutrale, quello che prelude a un’accettazione della diversità.

Ad aprire i lavori saranno i saluti di Alberto Zanobini, Direttore generale del Meyer; seguirà una riflessione di Gianpaolo Donzelli, presidente della Fondazione Meyer; mentre Amelia Morrone, professore associato di pediatria dell’Università degli Studi di Firenze, Sabrina Giglio, professore associato in Genetica medica dell’Università degli Studi di Firenze e Patrizia Mondini, direttore dell’area professioni sanitarie del Meyer avranno il compito di introdurre l’argomento del convegno. A Flavio Giordano, responsabile della struttura operativa semplice di Neurochirurgia funzionale e dell’epilessia del Meyer, il compito di moderare la prima sessione. Matteo della Monica, genetista del Meyer, affronterà il tema della genetica clinica nella storia dell’arte; Donatella Lippi, professore associato di Storia della medicina si occuperà di Visual thinking strategy proponendo l’iconodiagnosi come strumento formativo; lo stile anatomico del Crocifisso ligneo di Santo Spirito di Michelangelo sarà argomento della relazione di Massimo Gulisano, professore ordinario di Anatomia; Giuseppe Zampino, professore associato della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma traccerà una breve guida all’ascolto della genetica clinica, in un excursus dal genio ai geni; Stefano Stagi, ricercatore universitario di pediatria si soffermerà su come l’arte racconti l’endocrinologia nella storia.

“Il Centro Studi della Fondazione Meyer – spiega il professor Gianpaolo Donzelli - ha attivato da anni un percorso culturale nel quale la centralità non è solo la malattia, con tutto il corredo di sintomi e quesiti clinico-terapeutici ma la persona affetta da una patologia con tutto il vissuto psico-emozionale, relazionale e sociale. L'incontro sostanzia, ancora una volta, questo indirizzo. Da sempre l’uomo ha fatto ricorso alle narrazioni storiche per dar voce a quelle cose che, dentro e fuori di lui, non sa spiegare. La visione artistica e umanistica restituisce un senso alle cose, mettono in ordine i pezzi dentro e fuori ciascuno di noi”.