PSICOLOGIA

di Francesca Maffei, responsabile Psicologia ospedaliera AOU Meyer

Per capire la funzione dell’oggetto transizionale pensiamo alle vignette di Peanuts, nelle quali Linus si trascina dietro la sua copertina. Donald Winnicott, pediatra e psicanalista inglese, sostiene che l’oggetto transizionale permette al bambino di crescere e staccarsi progressivamente dalla figura di riferimento.

L’oggetto transizionale è una qualunque cosa dalla cui presenza il bambino trae contenimento e affetto, aiutandolo a gestire i momenti di separazione/solitudine (ad esempio dormire da solo) o di stress. Il bambino ha inconsapevolmente proiettato sull’oggetto la figura affettiva principale e relazionandosi a questo oggetto (lembo di lenzuolo, cuscino, pupazzo, indumento della mamma, ciuccio etc.) sente riempire quel vuoto, quello spazio che scopre esistere tra lui e il fuori e che è uno spazio fisico e simbolico. La relazione con quell’oggetto rappresenta un legame forte e molto reale, perciò il suo valore è molto più che un’illusione.

Il bambino riversa sull’oggetto emozioni, bisogni e desideri: lo coccola, lo morde, lo distrugge scaricandovi frustrazioni e aggressività, con la sicurezza di non esserne tradito e che quell’oggetto è lì per lui e sarà a sua disposizione finché ne avrà bisogno. Secondo Winnicott l’oggetto transizionale svolge il delicato compito di aiutare il bambino ad attraversare la fase dello sviluppo in cui nasce la consapevolezza di non essere una sorta di prolungamento della madre, ma un individuo separato da lei. Accade che i bimbi più piccoli quasi si percepiscono un tutt’uno con l’oggetto, poi piano piano scoprono che è qualcosa di diverso e di esterno a loro, ma su cui ancora sentono di avere pieno potere ed ecco che la transizione dalla soggettiva realtà interna a quella oggettiva esterna (al di fuori del loro controllo) è più sopportabile, perché avviene gradualmente.

L’oggetto esterno che il bambino adotta è il suo primo possesso, il bambino lo ha scelto e gli appartiene. Non bisogna forzare il bambino ad abbandonare il suo oggetto preferito, né provare a sceglierglielo o cambiarglielo. Proprio per il fatto di essere “transizionale”, la sua presenza avrà senso solo durante una fase della vita del bambino, terminata la quale perderà il suo significato così forte e profondo (anche se il bambino potrebbe rimanervi legato per una sorta di affetto o ricercarlo durante momenti di particolare stress). Se notiamo un morboso e persistente attaccamento all’oggetto, un isolamento o un particolare disagio, è opportuno confrontarsi con uno psicologo, tuttavia di solito il bambino se ne distacca in modo indolore prima dell’ingresso alla scuola primaria, quando sarà ormai sicuro del legame e dell’affetto da parte dei genitori, anche quando non sono con lui, e riuscirà a delineare i confini della propria identità.

Data l’importanza dell’oggetto, non bisogna dimenticare di portarlo durante i viaggi e, nel caso necessitasse di essere lavato, i genitori possono aiutare il bambino a sopportare la frustrazione della momentanea separazione. Potrebbe essere utile portarlo in occasione di una visita medica o dei primi giorni al nido o all’asilo da solo. Se il bambino smarrisce l’oggetto sarà per lui un vero e proprio piccolo dramma. Il genitore non dovrebbe minimizzare e dovrebbe comprendere il dispiacere e condividerlo, se dopo un certo periodo di tempo il bambino sembra non aver elaborato il distacco dall’oggetto il genitore può invitare il figlio a sceglierne un nuovo oggetto nel caso in cui ne sentisse ancora il bisogno.