IL GIOCO È UNA COSA SERIA

di Manuela Trinci, psicoterapeuta infantile, direzione scientifica ludo-biblio AOU Meyer

Troppo facile sarebbe liquidare il “giocare ai super eroi” come semplice gioco di travestimento laddove, secondo il sondaggio americano NRF “Halloween Consumer Top Costumes 2016”, solo i costumi da supereroi raggiungono i tre milioni di vendite: una cifra da far girare la testa anche a Wall Street!

Chiaramente non ci sono solo i costumi. Diciamo pure che Spiderman, Batman, Superman, Iron-man, fino agli eroi più acclamati della Marvel: gli Avengers, X-Men, I Fantastici 4, Hulk, ecc…, sono ormai protagonisti assoluti della trans medialità contemporanea. Da film a serie TV sino a video game; da cartoni animati a canzoni, parchi a tema, si è avviato, a fianco, un prolifico merchandising che va dalla t-shirt con il logo dell’eroe ai cappellini da baseball alle collezioni di action figures (statuine), a maschere e mantelli, con punte di gradimento assoluto riservate allo scudo di Captain America, al martello di Thor passando per gli effetti speciali del Power Blast sulle mani di Iron Man, oltre agli acclamati zainetti, astucci e diari per la scuola.

Un media franchise a trecentosessanta gradi che, nonostante le recenti trasformazioni identitarie dei supereroi, mostra come nell’immaginario collettivo persista ancora il filone positivo dei giustizieri mascherati e degli eroi che travalicano i confini delle umane possibilità.

Pronipoti dei più nobili antenati della mitologia greca, i supereroi dei nostri tempi utilizzano un approccio decisamente radicale: incarnano paure e vulnerabilità, insicurezze melodrammatiche e debolezze da superare, come la cecità di Dredevil o l’incapacità di Hulk di controllare le sue trasformazioni guidate dall’ira. E analisi recenti sulla vita “pre-mantello” dei supereroi hanno rivelato che l’86% di loro è orfano o è stato abbandonato; il 49% ha perso almeno un genitore e il 15% è stato rapito…Una vita dura che ha portato il mitologo Joseph Campbell ad attribuire questo inarrestabile fiume di successo all’archetipo universale del viaggio dell’eroe, in cui il protagonista è chiamato all’avventura, affronta prove e tribolazioni e infine torna a casa trasformato.

Fatto sta che il giocare ai supereroi porta i bambini a progettare gesti estremi e altruisti al fine di salvare – calati nei panni del loro supereroe preferito - il mondo o qualcuno che altrimenti sarebbe vessato e tormentato.

In altre parole, ispirarsi ai supereroi per giochi di fantasia, permette ai bambini di sentirsi più coraggiosi, di immaginarsi protagonisti salvifici nel mondo che li circonda. La Dr.ssa Alison Bryant, del Play Officer della PlayScience, ritiene che “più i bambini interpretano questi ruoli pro-sociali, più è probabile che continueranno a comportarsi in modo etico” più si riconoscono in eroi che rompono le restrizioni sociali per fare - in nome di libertà uguaglianza e fraternità - il bene ultimo del pianeta più capiranno che anche loro possono “partecipare e fare la differenza”. Consigliando infine, la studiosa americana, ai genitori di interessarsi, condividere e soprattutto divertirsi con i figli senza sminuire il carisma di fisiologie aliene, di esplosioni di bombe Gamma o di terribili morsi di ragni radioattivi, un carisma che fa di questi personaggi icone della modernità.

Non a caso la pubblicità ricorre spesso, a tutto tondo, alla fascinazione iconica dei supereroi per la carica emotiva e comunicativa che essi suscitano nel pubblico di grandi e piccini, tanto che la compagnia aereo spaziale SpaceX ha di recente contattato Jose Fernandez - creatore dei costumi di The Avengers, Batman, Superman, I fantastici4 e X-Manper - al fine sviluppare una nuova linea di abbigliamento per gli astronauti che in futuro orbiteranno intorno alla terra indossando tute d’ordinanza - gialle rosse e blu - simili in tutto e per tutto a quelle dei supereroi. Un successo è proprio il caso di dirlo: planetario!