PER I NOSTRI FIGLI

di Angela Pittari, pediatra di famiglia

A generare una gran confusione nei genitori sono spesso le frasi buttate lì da parenti e amici, a cavallo tra l’opinione e la sentenza, mescolate ai pareri degli esperti. Ecco alcuni esempi: “Se lo tieni in braccio per farlo addormentare dovrai farlo per sempre! E verrà un bambino viziato!”; “I vizi non esistono, sono solo espressione di bisogni nei bambini, ed espressione di fragilità negli adulti”; “Un po’ di vizi non hanno mai fatto male a nessuno!”. Partiamo dal significato dei termini che spesso vengono confusi: per abitudine si intende una serie di attività mentali e/o motorie che vengono ripetute numerose volte, dunque comportamenti fisiologici che esprimono un momento della crescita e dello sviluppo naturale del bimbo. Le cattive abitudini invece, sono quelle che, se prolungate nel tempo, possono favorire lo sviluppo di situazioni patologiche: ad esempio ciucciarsi il pollice oltre i sei anni può portare a una malocclusione dentale. Ben altra cosa sono i vizi: un bambino si dice viziato quando si abitua a ricevere senza mai dare e vive come se i propri desideri fossero legge, i suoi genitori sono troppo solleciti a soddisfare prontamente i suoi bisogni, al punto da non distinguere tra una reale esigenza e il semplice puntare i piedi.

Ciuccio, pupazzo o copertina. Spesso i piccoli ricorrono all’abitudine di tenere perennemente il ciuccio in bocca, stringere un pupazzo di pezza o la copertina di Linus per consolarsi e alleviare lo stress di ogni nuova situazione. Questi atteggiamenti compaiono intorno al primo anno d’età per poi scomparire pian piano verso i quattro anni, quando il bimbo acquisisce più sicurezza e autonomia. Il ciuccio è però sconsigliato ai bambini che si ammalano frequentemente di otite e non è indicato nemmeno se il piccolo ha problemi di linguaggio (difficoltà a pronunciare suoni come la s o la r). Per i dentisti, invece, non dovrebbero esserci grossi problemi fintanto che il bambino ha i denti da latte. Non mettiamo fretta al bambino, aiutiamolo invece a fare a meno di queste abitudini nei momenti in cui ne ha meno bisogno (offrendogli un attività interessante, o distogliendo la sua attenzione), cerchiamo di fargli lasciare i suoi oggetti di salvataggio mentre è impegnato a giocare, sarà lui piano piano a cercarli sempre di meno. E se riesce a stare tutto il giorno senza, ricompensiamolo, non con un giocattolo, ma lodando la sua capacità.

Picchiare la testa contro la culla. Sono bambini piccoli, tra i 18 e i 24 mesi, che presentano questa abitudine: ritmicamente battono la testa contro le sbarre del lettino per addormentarsi come autoconsolazione, oppure per sfogare emozioni forti e per attirare l’attenzione dei genitori (ad esempio, dopo la nascita di un fratellino, la separazione dei genitori, un trasloco…). Raramente è un segnale di allarme, spia di un disturbo dello sviluppo psicomotorio del bimbo, in tal caso però si associano altre manifestazioni e sintomi che aiuteranno il vostro pediatra a formulare un sospetto diagnostico.

Succhiare il pollice. “Togli le mani dalla bocca!" Quante volte le mamme si rivolgono così perentoriamente al proprio bimbo intento a ciucciarsi il pollice. Eppure la suzione del dito è un gesto naturale e istintivo che compare già nel grembo materno (in tante ecografie si vede il feto in questo atteggiamento) e per questo non c'è alcun motivo di impedirglielo, tutt'altro: per il neonato, infatti, succhiare il pollice o l’intero pugno della mano è un piacere ed anche un modo per calmarsi (la fame c'entra poco o nulla). Possiamo dunque considerarla una forma di consolazione e di compensazione a cui il piccolo ricorre in condizioni di stress, per esempio durante la notte o nei momenti di distacco momentaneo dalla mamma, un potente antidoto alla paura e al senso di solitudine, facendolo sentire invece rilassato e protetto. Via via che il bambino cresce, però, i vantaggi della suzione diminuiscono e questa abitudine diventa “cattiva” fino ad avere un effetto negativo sullo sviluppo delle arcate dentarie. È consigliabile non accanirsi nel vietare questa abitudine, poiché, come sempre accade, un’eccessiva pressione può solo intensificare il desiderio di succhiare. Il consiglio è di intervenire distogliendo l’attenzione del bimbo offrendogli in alternativa un gioco. Crescendo imparerà a trovare consolazione in altro modo.

Le dita nel naso. Questa è sicuramente una delle abitudini più irritanti per i genitori, è imbarazzante e sgradevole: il bimbo che si impegna così meticolosamente ad esplorare le sue cavità nasali viene subito redarguito e punito. Il motivo di questo atteggiamento, così frequente tra i bimbi (e non solo), può essere la noia, la curiosità o anche solo per passare il tempo, ma anche per tranquillizzarsi in momenti di stress. Sicuramente provvedere ad un’igiene accurata del nasino eviterà che si creino le condizioni di fastidio e la cosa migliore da fare, anche in questo caso è cercare di distrarli e impegnarli a fare altro... con le dita occupate non avranno tempo di mettersele nel naso. E se oltre a mettersi le dita nel naso - orrore! - si mangia poi le caccole sarà disdicevole ma sembra non essere una cosa dannosa, anzi: secondo alcuni studiosi, le caccole (ricche di virus, batteri e polveri) una volta ingerite stimolerebbero il sistema immunitario attraverso una maggiore produzione anticorpale!!

Mangiarsi le unghie. Si osserva questa cattiva abitudine sia nei bambini che negli adulti di ogni età che l’adottano in occasione di forte stress o noia. In alcuni casi è un chiaro sintomo d’ansia, e come tale tende a degenerare in un vero e proprio disturbo compulsivo e ripetitivo che porta il bimbo a portarsi le mani alla bocca in maniera incessante e ripetuta senza neanche rendersene conto, al fine di consolarsi dalle ansie, timori e irrequietezza. Spesso alla base di tale comportamento, ci sono situazioni familiari non serene, incomprensioni, litigi dei genitori e relative separazioni, o anche aspettative eccessive in ambito scolastico o sportivo. Nonostante tutto questa malsana abitudine tende a scomparire nel momento in cui, il ragazzo diventa consapevole della causa che ha scatenato l’insorgere del comportamento ed impara a gestire la propria ansia in modo diverso. È possibile prevenire tutto questo, educando i bimbi, fin da piccoli, ad esternare le proprie emozioni, a non reprimerle per manifestarle in modo errato e addirittura nocivo. Può essere utile, nei casi in cui il disturbo è molto frequente, ricorrere all’aiuto ti tecniche di rilassamento, e più in generale è importante scaricare la tensione nervosa con giochi all’aria aperta, sport, attività manuali o anche suonare uno strumento musicale.

Si tira i capelli. Capita, per fortuna di rado, vedere aree di alopecia (assenza di capelli) sul capo dei bambini, il che è motivo di forte preoccupazione per i genitori. Una volta esclusa la possibile origine infettiva si deve imputare la causa a una cattiva abitudine: quella di attorcigliare, tirare, giocherellare con le ciocche di capelli fino a determinarne la completa caduta in un’area circoscritta. Ma non basta, spesso il bimbo mentre con una mano gioca coi capelli si ciuccia il dito dell’altra; anche in questo caso la finalità è autoconsolatoria. E come altre, è destinata a scomparire con il passare del tempo ma, non è infrequente continuare ad osservarla durante l’adolescenza e nell’età adulta.

Dire le parolacce. I bambini ripetono tutto quello che sentono in famiglia, a scuola, negli ambienti sportivi, comprese le “parolacce”. Non ne conoscono il significato, ma sanno bene qual è l’effetto che provocano in chi gli sta intorno. I genitori di fronte al piccolo che dice una parolaccia, specie se in pubblico, tende ad avere due reazioni opposte, ugualmente sbagliate: o scoppia a ridere oppure ne fa un dramma! Il modo migliore è invece ignorarlo per dimostrargli che la sua prodezza è senza interesse, poiché se si rende conto che quel che dice provoca inquietudine nel genitore lo ripeterà con maggior foga. E se le parolacce vengono pronunciate durante i suoi momenti di rabbia è meglio non brontolarlo, ma offrirgli parole alternative per esprimere le sue emozioni negative, parole divertenti e buffe anche senza senso come ad esempio per dindirindina, accipicchia, la ciribiricoccola”. Solo quando il bimbo continua imperterrito, è necessario ricorrere a un time out e spiegare con fermezza a quelli più grandicelli che le parolacce sono brutte e stanno male sulla bocca delle persone (sia grandi che piccini) e non vanno usate in nessun modo.