Bambino seduto in poltrona con forte mal di pancia per aver mangiato troppi cioccolatini

PER I NOSTRI FIGLI

di Angela Pittari, pediatra di famiglia
Bambino seduto in poltrona con forte mal di pancia per aver mangiato troppi cioccolatini

Nella pratica clinica quotidiana il sintomo che più frequentemente (dopo tosse o raffreddore) mi viene riferito è il mal di pancia. Ne soffre circa il 10-20% dei bambini di età superiore ai 2-3 anni (età prescolare) e l’incidenza aumenta con l’età per diventare massima in epoca pre-adolescenziale, più nelle femmine che nei maschi.

Questo disturbo coinvolge non solo il piccolo paziente, ma l’intera famiglia che percepisce come fonte di notevole preoccupazione il ripetersi del mal di pancia come sintomo di una patologia severa e, per questo motivo, vengono richiesti insistentemente visite specialistiche, esami ematici e strumentali spesso non necessari. Non parliamo dei frequenti e sporadici episodi di mal di pancia riconducibili all’ingestione sconsiderata di cibo spazzatura o semplicemente alla poca voglia di andare a scuola (casi questi di facile individuazione e risoluzione con pochi consigli su uno stile di vita adeguato e su una corretta e sana alimentazione), ma ci riferiamo a quegli episodi di dolore addominale che si ripetono a intervalli più o meno regolari, a volte associati ad altre manifestazioni dolorose (cefalea, dolori ossei), a eccessiva reattività a stress ambientali (famiglia, scuola, sport), a familiarità per disturbi dello stesso tipo.

In tutti i casi il pediatra, ascoltando con attenzione la storia riferita dai genitori e soprattutto il racconto del bambino, può individuare eventuali sintomi di allarme (che siamo soliti definire bandierine rosse, vedi oltre) per escludere una causa organica alla base del dolore addominale ricorrente.

Questo tipo di dolore addominale, di solito, viene riferito come un dolore di intensità sufficiente da interrompere il gioco e le normali attività della vita quotidiana; accompagnato da pallore, evidente sofferenza, avvertito in modo non ben definito intorno all’ombelico, di durata variabile (massimo un’ora), senza rapporto preciso con il pasto o con la defecazione, nella maggior parte dei casi, di risoluzione spontanea, che ricorre sempre con le stesse caratteristiche almeno una volta alla settimana per non meno di due mesi (il che fa escludere che si tratti di un dolore acuto come per esempio l’appendicite).

Le bandierine rosse che devono preoccupare i genitori ed essere riferite quanto prima al pediatra sono:

  • il bambino riferisce il dolore in un punto preciso della pancia di lunga durata (più di 3-4 ore), irradiato all’inguine o al dorso
  • il dolore lo fa svegliare dal sonno notturno
  • la presenza di febbre
  • alterazioni dell’alvo (diarrea o stitichezza ostinata)
  • vomito
  • calo di peso
  • rallentamento della crescita
  • sangue nelle feci

Una visita generale accurata, che include un’ispezione della regione anale e, se necessario, la prescrizione di pochi esami ematologici mirati, possono essere utili al fine di tranquillizzare il piccolo paziente e i suoi genitori e accettare la diagnosi di dolori addominali ricorrenti funzionali cioè non legati a una malattia ma conseguenti a un’elevata sensibilità dell’intestino a particolare stimoli di stress ambientale. I bambini che soffrono di dolori addominali funzionali sono, di solito, meticolosi e precisi, perfezionisti, bravi a scuola e nelle diverse attività che svolgono normalmente (sport, giochi) e per questo esposti ad aspettative a volte eccessive o ad ansia da prestazione (timore di non riuscire a far bene). Queste situazioni stressanti vengono, per così dire, scaricate sulla pancia grazie a una maggior sensibilità dolorifica degli organi addominali (iperalgesia). E così, eventi come la lite con l’amichetto, la sorellina che fa i dispetti, la maestra un po’ severa, un insuccesso nell’attività sportiva possono sfociare nel mal di pancia ricorrente.

È molto importante, una volta definita la diagnosi, spiegare alla famiglia le caratteristiche della condizione, rassicurare che quella di dolori funzionali è già una diagnosi e non vi è nessun motivo e nessun vantaggio a proseguire in un percorso diagnostico diverso (doctor shopping o esami strumentali inutili), né tantomeno avere atteggiamenti fatalistici e riduttivi (“non è nulla”, “ il bambino non ha niente”) che rischiano di non far considerare adeguatamente il problema e non tranquillizzano il bambino né i genitori. Occorre spiegare che il dolore riferito dal bimbo è reale e non una simulazione, che merita comprensione ma che, nello stesso tempo, non deve essere una scusa per non svolgere le normali attività quali la frequenza scolastica, il gioco o lo sport. Non risulta utile mettere a dieta il bambino (mangiare in bianco o eliminare determinati alimenti) anche se è il caso di ribadire quanto sia importante seguire un’alimentazione sana, semplice ed equilibrata. Il pediatra potrà ritenere opportuna la somministrazione di probiotici in caso di diarrea, tensione addominale e formazione di gas, mentre sembra meno utile eliminare del tutto il latte e i latticini freschi, meglio semmai ridurne l’assunzione per alcuni giorni. Solo in pochi casi selezionati, e dietro consiglio del pediatra, è necessario fornire alla famiglia un supporto psicologico al fine di ridurre l’ansia generata dal ripetersi delle crisi dolorose e sostenerla nella gestione del problema.

Controlli clinici periodici e regolari dal pediatra sono utili a monitorare lo stato di salute del piccolo e a rafforzare il messaggio positivo di una condizione che nella maggior parte dei casi è destinata a esaurirsi spontaneamente.