PSICOLOGIA

a cura di Alessandra Guarino, psicologa AOU Meyer

I neonati prematuri hanno da affrontare un mondo per cui non sono preparati né organicamente né psicologicamente. Il loro ricovero nel reparto di Terapia intensiva neonatale (Tin) diventa pertanto l’unico modo per proseguire la crescita ed essere pronti ad affrontare il cammino della vita. Sebbene in ormai molte Tin del nostro paese sia permesso ai genitori di stare accanto al loro bambino senza limiti di tempo, è tuttavia innegabile che crescere nell’utero sia cosa ben diversa dall’incubatrice. Anche la cosiddetta “marsupio terapia”, pur essendo un validissimo metodo per permettere alla coppia madre-bambino di ricucire lo strappo di una separazione troppo precoce, è circoscritta nell’arco di qualche ora nella giornata e non potrà mai essere completamente sovrapponibile con lo stare concretamente dentro la pancia della mamma. Nel corso della crescita di questi bambini i genitori hanno da tener presente tutto ciò. Essi hanno a che fare con un bambino che, all’inizio della vita, ha subìto importanti privazioni e anche eccessive stimolazioni (a volte anche dolorose come le procedure assistenziali). Ciononostante l’amore e l’intenso calore affettivo che ricevono possono essere in grado di riempire il vuoto sperimentato all’interno dell’incubatrice. Il loro accudimento dovrebbe essere quindi particolarmente attento a fornire il contenimento fisico e psichico che l’esperienza ospedaliera per forza di cose ha reso claudicante, tenendoli in collo senza timore di viziarli. Quando sono da sbrigare incombenze domestiche può essere utile tenere il bambino con sé nel marsupio se non si consola diversamente. Se il bambino piange, è importante fornire cure e affetto a volontà, con l’obiettivo di far sperimentare la possibilità di essere consolati al bisogno sia verbalmente che fisicamente. Ciò non vuol dire comprare oggetti e regali senza nessun limite, ma offrire presenza e accudimento amorevole. E ciò è, a volte, assai più difficile.

Sebbene tutti sappiano che a qualsiasi età è adeguato dormire nella propria culla o lettino, è possibile che i genitori abbiano la tentazione/desiderio di tenere il loro cucciolo nel lettone con sé. Sarebbe invece più salubre psichicamente che il neonato/bambino impari a dormire per conto proprio e, se necessario, che sia il genitore a recarsi vicino al suo giaciglio e casomai fornire il contatto fisico necessario nei momenti di disperazione.

La presenza genitoriale, sempre opportuna, in questi casi assume il significato della possibilità che la coppia genitore-bambino ha per poter nel tempo annullare la distanza e lo sgomento sperimentati nel periodo neonatale, purtuttavia senza soffocare affettivamente il bambino che ha da imparare, con la crescita, a muoversi da solo nel mondo.

Si intuisce che il tema della vicinanza/autonomia è, in queste situazioni, ancor più delicato e cocente: non è facile mantenersi in una posizione di equilibrio dinamico tra essere vicini e presenti (senza essere soffocanti e intrusivi) e il fornire fiducia di autonomizzazione (senza essere abbandonici). Se riflettiamo bene è il compito di tutti noi genitori, solo che negli ex prematuri è certamente amplificato dagli eventi traumatici che hanno segnato la nascita.

Il trauma della nascita prematura non riguarda unicamente il neonato, ma appartiene parimenti al genitore e in maggior misura alle madri che sappiamo essere, per tutto ciò che gravita intorno alla gestazione e al periodo neonatale, in prima linea. Ricordiamoci sempre però che i traumi possono essere attraversati e superati fornendo nuove esperienze affettivamente soddisfacenti che saranno in grado di stratificarsi su quelle più antiche e frustranti. Con piccoli gesti quotidiani è allora possibile curare le vecchie ferite, anche quelle che ci immaginiamo imperiture della nascita prematura.