BUONO A SAPERSI

a cura di Elisabetta Venturini, pediatra AOU Meyer

L’influenza è un'infezione respiratoria acuta causata da virus della famiglia degli Orthomixoviridae. Ne esistono quattro tipi diversi: i tipi A e B, responsabili della sintomatologia influenzale classica; il tipo C, di scarsa rilevanza clinica e il tipo D, la cui possibilità di infettare l’uomo non è ancora chiara. È un’infezione che si presenta con andamento stagionale epidemico e nell’emisfero occidentale si verifica durante i mesi invernali. I dati relativi alle diverse stagioni influenzali mostrano che in Italia la curva epidemica generalmente raggiunge il picco all’inizio del mese di febbraio, sebbene nelle ultime due stagioni influenzali il picco epidemico abbia avuto un anticipo di circa un mese, colpendo soprattutto la popolazione in età pediatrica. In Italia, a partire dall’anno 2000, è stato istituito un sistema di sorveglianza dell’influenza (InfluNet), coordinato dell’Istituto Superiore di Sanità che consente di conoscere in tempo reale l’andamento dell’infezione durante la stagione invernale.

Sebbene la diffusione dell’infezione avvenga usualmente in modo epidemico, nel corso degli anni si sono verificate anche delle ondate pandemiche. Per le sue caratteristiche di elevata contagiosità e il rischio di complicanze gravi in alcune categorie di soggetti (in particolare bambini, anziani e pazienti con comorbilità) l’influenza rappresenta un importante problema di sanità pubblica. Infatti, il virus influenzale è in grado di mutare con estrema facilità, riuscendo così a eludere la risposta immunitaria acquisita nel corso di precedenti infezioni. La capacità del virus influenzale di mutare determina la necessità di un aggiornamento continuo del vaccino anti-influenzale nei confronti delle varianti circolanti. Questo spiega inoltre l’ampia suscettibilità della popolazione generale e quindi la capacità del virus di diffondersi rapidamente. Infatti, la frequenza dell’infezione nella popolazione generale è intorno al 5-10%, mentre nella fascia pediatrica, che rappresenta quella più colpita, raggiunge il 26% ogni anno.

L’influenza si trasmette da un soggetto all’altro per via aerea (droplets) e per contatto diretto con materiale contaminato, in quanto il virus è in grado di persistere per oltre 24 ore nell’ambiente. La contagiosità dei soggetti malati inizia un giorno prima della comparsa dei sintomi fino a 5 giorni dopo la comparsa degli stessi (ma anche 10 giorni ed oltre nei bambini e nei soggetti immunodepressi). L’incubazione è molto breve, di 1-2 giorni, ed è seguita dalla comparsa di febbre elevata con brivido, cefalea, mialgie, astenia, faringodinia, rinite, tosse non produttiva e congiuntivite. Più raramente possono essere presenti manifestazioni gastroenteriche, quali dolore addominale, vomito e diarrea. La durata del quadro clinico è generalmente di 3-4 giorni, ma può prolungarsi anche per una/due settimane. Il rischio di ospedalizzazione, per quanto riguarda l’età pediatrica, è significativamente più elevato al di sotto dei 2 anni di età o in presenza di patologie di base.

La complicanza più comune è la sovrainfezione batterica, con polmonite, otite e sinusite. Complicanze legate all’azione diretta del virus su alcuni organi, come miosite, miocardite (talora fatale) o encefalite, sono più rare ma più gravi.

La diagnosi di influenza è prevalentemente clinica, associando il quadro clinico compatibile con la diffusione del virus nella popolazione. Tuttavia, numerosi altri virus quali rinovirus, parainfluenza e adenovirus possono causare dei quadri clinici analoghi. Pertanto, qualora necessaria, la conferma diagnostica si può ottenere attraverso test specifici.

Nei soggetti sani ed in presenza di un quadro clinico di entità lieve-moderata la terapia è solo sintomatica. Si può utilizzare paracetamolo oppure farmaci anti-infiammatori non steroidei per abbassare la temperatura febbrile e/o per alleviare la restante sintomatologia. L’utilizzo di routine degli antivirali è piuttosto dibattuto e non indicato dalle autorità internazionali per la limitata efficacia ed il rischio di effetti collaterali.
L’impiego degli antivirali dovrebbe pertanto essere limitato a pazienti con forme severe di influenza o ad alto rischio di complicanze.