PER I NOSTRI FIGLI

a cura di Angela Pittari, pediatra di famiglia

Come molti termini medici, la parola esantema, deriva dal greco exantèo, che significa “fiorire”; infatti è un’eruzione che fiorisce improvvisamente sulla pelle come piccole macchioline rosse, papule, vescicole o pustole nel corso di una malattia.
Di solito, l’esantema, si accompagna a un innalzamento febbrile più o meno importante. Fino a qualche decennio fa era scontato che, durante l’infanzia si contraessero “le malattie dei bambini”: anzi, quando nel vicinato si manifestava un caso di malattia esantematica si favoriva il contagio nella convinzione che fosse cosa buona affrontarle e superarle da piccoli piuttosto che nell’età adulta. Il che aveva un fondo di verità poiché era noto che “da grandi” queste malattie si accompagnavano a sintomi più importanti e le complicanze non erano infrequenti.

All’epoca non esistevano le vaccinazioni (o ancora poco diffuse) e la possibilità di contagio era molto alta, tanto che, periodicamente con cadenze stagionali, si verificavano vere e proprie epidemie di malattie esantematiche, che conferivano ai soggetti colpiti un’immunità permanente e il loro manifestarsi tra gli adulti era un evento eccezionale. A quei tempi la mortalità era molto alta e le frequenti complicanze erano considerate normali e inevitabili.
Oggi tutto questo è considerato inaccettabile e anche un solo bimbo vittima di complicanze conseguenti a una malattia esantematica è un evento gravissimo proprio perché abbiamo gli strumenti (vaccinazioni e miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie) che possono evitare l’accadere di simili fatti.

La rosolia (rubella negli antichi testi di medicina) significa “poco rosso” in confronto alla colorazione accesa dell’eruzione del morbillo e della scarlattina, di cui era considerata una variante minore. Solo nel 1814 fu descritta come una malattia a sé stante nella letteratura medica tedesca, da qui il nome di “morbillo tedesco”. Ben 100 anni dopo fu sospettata una origine virale e bisogna arrivare al 1938 per scoprire il virus responsabile della rosolia. È una malattia molto contagiosa, spesso inizia in sordina, con pochi sintomi ed un esantema appena accennato, tanto che, a volte, passa addirittura inosservata. Si trasmette per via aerea, tramite le goccioline di saliva emesse con tosse o starnuti o semplicemente parlando.

Dopo un’incubazione di 12-20 giorni (di solito 14-18), iniziano a comparire i primi sintomi: febbre, mal di testa, dolori articolari, raffreddore, tumefazione dei linfonodi alla nuca e dietro le orecchie (sedi caratteristiche della Rosolia). Sul viso, sul collo, poi sul tronco ed infine sugli arti compaiono piccole macchioline un po' rilevate di colore rosa pallido che regrediscono nel giro di pochi giorni. L’esantema non è, di solito, pruriginoso. Un bimbo è contagioso da una settimana prima a 4 giorni dopo la comparsa dell’esantema.

In sostanza la rosolia è una malattia a evoluzione benigna, tuttavia complicazioni come dolori articolari temporanei sono frequenti soprattutto nei soggetti che contraggono la malattia da adulti.
La malattia è invece particolarmente rischiosa se viene contratta durante la gravidanza: il virus passa attraverso la placenta e infetta l’embrione o il feto generando un aborto spontaneo (nelle prime settimane) oppure gravi malformazioni fetali nel primo trimestre (Sindrome della Rosolia Congenita): malformazioni fetali, interessamento del sistema nervoso, dell’apparato cardiocircolatori, degli organi di senso e ritardo dello sviluppo psico-fisico. I bimbi affetti da questa grave sindrome possono diffondere il virus anche per molti mesi dopo la nascita.
Non esiste una terapia specifica per la Rosolia all’infuori che le consuete raccomandazioni delle infezioni virali: riposo, dieta leggera e buona idratazione. Per la febbre e per alleviare i dolori articolari il pediatra potrà prescrivere una terapia sintomatica adatta. Solo nel caso che sopravvengano complicazioni batteriche (rare) si renderà necessaria la somministrazione di un antibiotico, sempre dopo valutazione del proprio Pediatra di fiducia.

Per fortuna, ormai da molti anni, la rosolia può essere prevenuta con un vaccino specifico che viene di solito somministrato insieme ai vaccini contro il morbillo, parotite e varicella secondo i dettami del calendario vaccinale attualmente in uso. La vaccinazione non prevede nessun richiamo poiché conferisce un’immunità duratura che comunque viene ravvivata in occasione di successivi incontri con il virus.
Le donne che intendano intraprendere una gravidanza eseguono di norma, un controllo del loro stato immunitario e, se non risultano immuni ( cioèche non hanno contratto la malattia a suo tempo o che non sono state regolarmente vaccinate) devono sottoporsi a vaccinazione prima del concepimento.
Purtroppo la copertura vaccinale, nonostante l’impegno di tutti i pediatri di Famiglia nel consigliare la vaccinazione ai bambini, non è ottimale pertanto non è ancora possibile eradicare l’infezione da virus della Rosolia per evitare che possa circolare ancora determinando casi sporadici soprattutto tra le donne in età fertile. Nel malaugurato caso di una donna che scopra di non essere protetta a gravidanza iniziata, è indispensabile cercare di ridurre il più possibile il rischio di contagio e programmare la vaccinazione subito dopo il parto.