PSICOLOGIA

a cura di Rosanna Martin, psicologa AOU Meyer

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni. Le ossessioni si presentano come pensieri, immagini mentali o impulsi sentiti come sgradevoli che creano molta ansia a chi li sperimenta e che “ingabbiano” il pensiero. Il lavoro mentale incessante come contare, pregare, ripetere alcune frasi che i bambini o i ragazzi mettono in atto in modo rigido e obbligato, ha lo scopo ed è il tentativo per scongiurare il verificarsi di eventi temuti e pericolosi, le ossessioni più frequenti riguardano la contaminazione da germi e immagini o pensieri di un pericolo per un familiare. Le compulsioni riguardano i comportamenti rituali come lavarsi le mani ad ogni contatto, controllare le serrature o far controllare dagli adulti qualsiasi meccanismo possa essere pericoloso così come camminare saltando per non toccare le righe nei pavimenti. È importante distinguere il rituale caratterizzato dalla ripetizione di uno stesso comportamento o da un insieme di comportamenti il cui prototipo è il rituale di verifica: del contenuto della cartella, degli oggetti necessari per prendere sonno, serrature e apparecchi elettronici, ecc. e la compulsione dominata da un sentimento di costrizione da cui il bambino non si distrae ed è preceduto da una lotta ansiosa. Vi è dunque una linea che va dalla semplice ripetizione, alla ritualizzazione, al rituale, alla compulsione fino alla stereotipia. Nel bambino sono più frequenti i rituali, sono più rari i veri pensieri ossessivi, è raro riscontrare veri sintomi ossessivi prima dei 10-12 anni circa. È frequente che i genitori abbiano tratti ossessivi o un carattere ossessivo marcato (rigore, ordine, meticolosità, pulizia). Già nel 1920 Sigmund Freud nello scritto “Al di là del principio del piacere” descrive il comportamento del nipote Ernst durante una fase di gioco. All’età di 18 mesi, Ernst aveva tra i suoi giochi preferiti un rocchetto, un piccolo telaio di legno dove avvolgere i fili di tessuto, che lanciava oltre la sponda del letto facendolo scomparire, ricompariva quando Ernst tirava a sé il rocchetto manifestando espressioni di gioia e appagamento. Freud osservava come il gioco veniva ripetuto innumerevoli volte dal nipote e si chiese che funzione avesse per il bambino. Ma senza scomodare un personaggio conosciuto, vicino a noi nel tempo e nello spazio, abbiamo innumerevoli esempi di come i bambini trovino nelle ripetizioni appagamento, pensate a quante volte chiedono di guardare lo stesso film animato che sicuramente contiene in sé aspetti che collimano con parti emotive importanti di sé. Ernst tramite il gioco del rocchetto rielaborava simbolicamente la sparizione della mamma assente potendo tramite il gioco, aggiungere la riapparizione su suo comando, il gioco se verbalizzato suonerebbe un po' così: “la mamma va via… la mamma torna” unica differenza che Ernst tramite il gioco poteva avere il controllo del rocchetto cosa che non poteva avere della figura materna. Il controllo rigoroso quindi è uno dei meccanismi centrali inteso come tentativo del bambino o ragazzo per difendersi e contenere vissuti complessi sentiti come disturbanti. Sono frequenti nel bambino piccoli tratti ossessivi (ordinamento della cartella, varie collezioni, raccolta di oggetti diversi) che non compromettono l’evoluzione maturativa normale, la comparsa di un rituale segna una tappa evolutiva e testimonia i tentativi di controllo da parte del bambino delle proprie emozioni e dell’ambiente con le parti sconosciute e potenzialmente pericolose. È importante differenziare quando su questa linea evolutiva in cui i tratti ossessivi o i piccoli rituali sono quasi normali, si agganci una funzione difensiva nevrotica che sovrainveste i comportamenti e li fissa. Al genitore è richiesto un equilibrio fra il rispetto del rituale determinato da un bisogno di rassicurazione del bambino (evitare le punizioni o impedire che venga effettuato) e l’eccessiva adesione al rituale compulsivo che crea un rinforzo (preparare gli oggetti del rituale o ricordarlo, farlo al suo posto). Quando un bambino o un ragazzo ricorre a questi rituali comportamentali o a pensieri e ruminazioni mentali per un lungo arco temporale compromettendo gravemente le diverse funzioni intellettive (in particolare concentrazione e attenzione) e relazionali (isolamento), risulta fondamentale offrire uno spazio diagnostico e terapeutico che miri all’ascolto e alla presa in carico dell’ansia.