IL GIOCO È UNA COSA SERIA

di Manuela Trinci, psicoterapeuta infantile, direzione scientifica Ludo-biblio AOU Meyer

Una cartella clinica che, al momento dell’accesso, raccoglie la consueta, attenta, anamnesi e un attestato di guarigione a sancire poi l’atto della dimissione con le dovute raccomandazioni: sciroppi, pasticche o supposte o riabilitazione in caso di ossa rotte… Si potrebbe dunque pensare di essere capitati in un vero e proprio reparto ospedaliero se non fosse per quel simpatico logo che connota il tutto: un orsacchiotto con stetoscopio al collo, una bambola fra le zampe e un cagnolino di pezza assai malconcio a fianco. Nasce, infatti, nell’ospedale pediatrico Meyer, negli spazi della LudoBiblio, un nuovo reparto: il Reparto delle bambole.
Un luogo dal sapore di fiaba, pensato e progettato per i bambini ricoverati o in transito per visite ambulatoriali.

Che bambole trenini orsacchiotti&C. sentano dolore, provino gioie, meritino premi e punizioni, alias che abbiano un loro “caratterino” nonché una loro vita segreta, è una convinzione assai radicata nell’infanzia. Basti pensare alla rivolta dei giocattoli orchestrata da Gianni Rodari nella Freccia Azzurra, o allo zio Drosselmeyer che fu capace di rendere vivo anche lo Schiaccianoci, o ancora ai serrati dialoghi fra Alberto e il suo Pulcinella nel racconto di Natale di Carlo Collodi. Per non parlare poi di Toy’s story, straordinaria saga che con Andy&C. ha segnato il destino dell’animazione, oppure della fortuna mediatica goduta dalla Pimpa coi suoi televisori, lampadari o barchette parlanti che - sempre in bilico fra umano e non umano -rafforzano il dubbio che qualcosa che sia privo di vita possa d’improvviso animarsi.
Introdurre allora un “reparto” dedicato alla cura di bambole&C. in un ospedale pediatrico all’avanguardia quale il Meyer, ha il senso di rendere ragione e rendere tangibile una tale imperitura credenza.

L’ispirazione, è doveroso dirlo, si rifà all’esperienza dell’ormai secolare “Ospedale delle Bambole” napoletano. Era stato, infatti, proprio nella Spaccanapoli più verace che, nel lontano 1899, Luigi Grassi, famoso scenografo del San Carlo nonché abile restauratore di pupattole, aveva risanato la bambola di una capricciosa nobilbaby dando l’avvio a questa insolita, preziosa, attività: il guaritore di bambole, o meglio il restauratore di emozioni e di affetti.
L’ospedale, ben sappiamo, come sia popolato da bambini che come “pollicini” si smarriscono nei boschi di percorsi terapeutici magari per loro di difficile comprensione, “pollicini” che sono alle prese con sentimenti che hanno a che fare ora con i cambiamenti del corpo legati alle cure, ora con la perdita delle abitudini e degli affetti quotidiani, ora con la pesantezza e la rabbia dell’essere malati.
Così un vero e proprio Reparto delle bambole, utilizzando i tipici meccanismi sottesi al gioco e al giocare, permette da un lato l’immedesimazione dei piccoli ricoverati nei panni di chi si prende cura di loro - medici, infermieri, educatori ecc… - dall’altro preserva quell’area di gioco, di illusione e fantasia indispensabile per non essere sopraffatti dalla paura ma, piuttosto, di avanzare e ritirarsi, di avvicinarsi e allontanarsi dal problema centrale rappresentato dalla malattia, coltivando la fiducia e la speranza di una presta guarigione. Ovviamente, per poter far fronte alle più svariate richieste di S.O.S., il Reparto delle bambole sarà dotato di un pronto soccorso, una sala operatoria – attrezzata con forbici, uncinetti, aghi fili e spaghi, stetoscopio, pomate, siringhe, phon e bottoni - un reparto di ortopedia, un altro per bambole&C. in attesa di trapianto (ossia in cerca di pezzi di ricambio), e un altro ancora di chirurgia estetica, con parrucchiere e sarte al seguito!

Bambini e ragazzini in cerca di aiuto per trattori senza ruote, pinguini col raffreddore, zebre con la dermatite e ancora con un orso coi piedi gonfi, una tigre col singhiozzo o un bambolotto con le tonsille malandate e il cerume nell’orecchio o una bambola con un occhio chiuso o un gatto che ha perso un baffo eccetera eccetera, potranno condividere le loro esperienze di “malattia”, i loro timori, nell’atmosfera giocosa della LudoBiblio che sollecita la cultura del dialogo e dell’amicizia.
Fra l’altro, aggiustare con ago e filo il proprio giocattolo, piuttosto che gettarlo via, veicola sicuramente un messaggio positivo e anticonsumistico ma soprattutto di recupero del valore degli affetti. Motivo per cui nel Reparto delle bambole si impara che un difetto, un'imperfezione, non devono significare rifiuto, esclusione, abbandono e che un giocattolo riaggiustato, con la sua piccola o grande cicatrice, può essere ancora più bello, più caro, più nostro.