PER I NOSTRI FIGLI

a cura di Angela Pittari, pediatra di famiglia

In Italia, ogni anno circa il 4% dei maschietti nati a termine, il 9-30% dei pre-termine presenta, alla nascita, un solo testicolo nella borsa scrotale o più raramente l’assenza di entrambi con grande preoccupazione dei genitori che già in occasione della prima visita pediatrica chiedono spiegazioni e rassicurazione sulla futura capacità riproduttiva del proprio bambino. È importante dunque dare alcune informazioni su quella che è la fisiologica “discesa” dei testicoli nello scroto.
Durante la vita fetale, nella stragrande maggioranza dei casi, i testicoli si trovano all’interno dell’addome e soltanto poco prima di nascere “scendono” attraversano il canale inguinale fino al fondo della borsa scrotale. Il motivo indispensabile per cui i testicoli devono essere alloggiati nello scroto è la temperatura più bassa in questa sede rispetto a quella della cavità addominale, requisito necessario per garantire una buona maturazione delle cellule seminali in età adulta e quindi una buona fertilità.

Sono stati individuati alcuni fattori di rischio alla base di questa situazione: la prematurità e il basso peso alla nascita ( sopra i 2,5 KG), il diabete e il fumo in gravidanza. Di solito si tratta di un’anomalia isolata, in alcuni casi si può associare ad altre malformazioni dell’apparato urogenitale e più raramente far parte delle manifestazioni cliniche di malattie genetiche complesse. Per motivi ancora poco conosciuti, uno o entrambi i testicoli, durante questo breve tragitto, si blocca all’interno dell’addome, o nel canale inguinale o appena al di fuori di questo (criptorchidismo), lasciando la borsa scrotale vuota e poco sviluppata. La mancata discesa di uno o entrambi i testicoli e l’esposizione a una temperatura più alta può comportare alterazioni della struttura del testicolo e riduzione della produzione degli spermatozoi e ormoni in età adulta, nonché la degenerazione della funzione testicolare e l’insorgenza di tumori del testicolo.

Frequentemente (nel 75% dei casi di criptorchidismo monolaterale), entro il terzo- quarto mese di vita si assiste alla discesa spontanea del testicolo nello scroto con risoluzione definitiva del problema e nessuna conseguenza a distanza. Laddove questo non succede, si rende necessario un intervento chirurgico (orchidopessi) per fissare il testicolo nella giusta posizione naturale, cioè in fondo allo scroto, e impedirne la risalita. Poiché questa malattia non dà luogo a nessun sintomo deve essere oggetto di un’attenzione particolare in quanto sottovalutarla e attendere eccessivamente per l’intervento chirurgico espone al reale rischio di compromissione della funzionalità dell’organo per una progressiva atrofia del testicolo e una scarsa produzione di spermatozoi che inevitabilmente conduce alla sterilità totale e irreversibile.

In passato è stata tentata anche la terapia farmacologica (ormonale), ma i risultati sono stati piuttosto scarsi e gli effetti collaterali conseguenti importanti tanto da far propendere per l’intervento chirurgico non più tardi del 24° mese, con un successo definitivo nel 95 % dei casi e con una bassissima incidenza di complicanze.
La diagnosi, piuttosto agevole fin da primi giorni di vita, è tesa soprattutto a differenziare il criptorchidismo dalle altre anomalie di discesa e di posizione del testicolo (“ad ascensore” se va “su e giù” per effetto della contrazione del muscolo cremastere, ectopico se dislocato a diversa altezza nella cavità addominale o in luogo inconsueto); nei casi dubbi, l’esecuzione di una ecografia inguino-scrotale è di grande aiuto poiché fornisce informazioni precise sulla posizione, struttura e dimensioni del testicolo in modo da poterlo studiare e monitorare nel tempo.

Esami ematici (cariotipo, dosaggi ormonali, test di stimolazione), strumentali (risonanza magnetica) e visite specialistiche sono indicati in una minoranza di casi e solo dietro prescrizione del proprio pediatra di fiducia.