IL GIOCO È UNA COSA SERIA

di Manuela Trinci, psicoterapeuta infantile, direzione scientifica ludo-biblio AOU Meyer

Il rito iniziatico si consuma, di solito, grazie alle carte del Memory, dopo di che si cresce con le carte da gioco della Casa di Topolino, si va allo spasso matto con Passa la bomba o con l’evergreen UNO o Go Fish o Straccia camicia mentre all’arte del baratto ci si prepara con il Mercante in fiera.

Certo, grazie a questi primi giochi di “mazzi”, oltre a provare il puro divertimento di spulciare le carte come un consumato giocatore di poker nel cinematografico far-west, oltre al piacere incommensurabile di sentirsi ammessi nel mondo dei grandi, anche i più piccoli iniziano a costruire ragionamenti logici, ad associare immagini e concetti nonché ad allenare la pazienza; senza considerare che mischiando e distribuendo le carte si esercita e si affina la manualità.

Essere avviati poi al gioco della Carta più alta vince esalta il sapore dell’agonismo nonché di quella competizione sana e costruttiva - fra bambini o fra adulti e bambini - che è traguardo e non certo punto di partenza. Infatti, i bambini capaci di digerire con spirito sportivo le prime sconfitte non sono molti: è anche per questo che giochiamo!

E ancora, una volta imparato a padroneggiare l’addizione (senza contare sulle dita!) si apre per gli over sei l’orizzonte della Scopa e delle sfide a Rubamazzo. Con l’Omo Nero si inizia a bluffare, con la Briscola si va a scuola di segni, tant’è che fra compari in presenza del gobbo di briscola si alza una spalla, con l’asso in mano si fa l’occhiolino ammiccante, e se nulla si possiede si volge lo sguardo al cielo.

Quindi, in un'era governata da televisione, computer e videogiochi, dove le nuove generazioni - alla presa con svaghi sempre più solitari - intorpidite da joystick, suon di click o swiper, hanno perso di vista il fascino dell’intrattenimento giocoso, nulla di meglio che proporre questi giochi di carte, spezzanoia, per colmare gli uggiosi pomeriggi invernali o le lunghe giornate estive sulla spiaggia; per riempire, in casa, i tempi morti fra un travestimento, una pagina di storia e l’impasto della pizza.

Perché fondo sta tutto lì: in un semplice mazzo di carte. Lì c’è la sfida alla capacità di concentrazione, di astrazione, di analisi e controllo; c’è la sfida alla memoria e alla prontezza dei riflessi. Decidendo come giocare con le carte ripartite dalla sorte, si capisce come pianificare strategie competitive, come sfruttare al meglio le abilità logiche, intuitive e creative, e assumere la responsabilità del rischio di sbagliare; osservando reazioni, moti di stizza o di soddisfazione degli avversari si affinano quelle competenze empatiche indispensabili in ogni relazione. Concludendo.

Si consiglia ai giocatori più granitici di non considerare i nonni come avversari bonaccioni perché le statistiche annotano che giocando, per esempio, a La Tarma Imbrogliona (dove in pratica bisogna imbrogliare in tutti i modi possibili, facendo cadere le carte, nascondendole nelle maniche o sotto il sedere) la cosa esilarante è che i nonni sono i più imbroglioni di tutti.

Si consiglia ai giocatori più mansueti e magari un po’ svogliati di usare il mazzo e il mazziere per costruire con le carte: castelli. Sulla scia di quelle illustrate dal grande Emanuele Luzzati, sul tavolo o in spiaggia (quando non c’è vento), si possono edificare casette di carte ora bizzarre, ora alte o larghe, a più piani…

Passatempo di sicuro più divertente di un torneo di Burraco, ma – ammettiamolo - meno elettrizzante di una partita a Poker!