PAROLA DI ESPERTO

a cura di Maria Luce Cioni, neonatologa Terapia intensiva neonatale AOU Meyer

È nel sapere comune ritenere che il bambino vada allattato quando piange. Il pianto rappresenta certamente il segnale di fame più conosciuto in un lattante, ma quello che non tutti sanno è che il pianto è un segnale tardivo di fame. Esistono segnali di fame più precoci nel neonato: segni di risveglio, uno schiocco della lingua sul palato o un movimento del succhiare prodotto con le labbra sono spesso i primi segnali. Successivamente il bambino può iniziare a cercare il seno girando la testa di qua e di là, può portarsi le manine alla bocca, succhiarsi il dito, la mano o il polso. Quando i primi segnali di fame non sono stati compresi, il bambino inizia a piangere. In genere tra il primo segnale che ha fame e il pianto disperato passano circa 20-30 minuti. Quando si giunge allo stadio del pianto può essere difficile calmare il bambino e metterlo in condizione di poppare bene.

Soprattutto nei primi periodi dell’allattamento, prima che questo sia ben avviato, il neonato potrà attaccarsi al seno in modo scorretto e inefficace perché troppo agitato e sarà più difficile eventualmente correggere un attacco o una posizione della lingua non funzionali al trasferimento del latte. Per di più il lattante arriverà già stanco alla poppata, assumerà solo il primo latte che scende e più facilmente e si addormenterà senza aver soddisfatto il suo bisogno fisiologico.

Per nutrirlo (anche affettivamente) al meglio è quindi opportuno conoscere il suo “linguaggio”, cogliere i primi suoi segnali e soddisfare i suoi bisogni tempestivamente.

Il neonato usa il comportamento per comunicare le proprie necessità; i genitori devono imparare a interpretarlo. Solo così potranno dare risposte adeguate e far accrescere il complesso rapporto biologico e affettivo con il figlio e la sua fiducia.