PSICOLOGIA

a cura di Rosanna Martin, psicologa AOU Meyer

Il termine encopresi deriva dalla lingua greca (ἐν = in e κόπρος = sterco): letteralmente, quindi, defecare dentro. O anche feci dentro = trattenere le feci. Viene definita come un’alterazione funzionale per la quale il bambino, nell’età in cui dovrebbe dominare i propri sfinteri, presenta incontinenza delle materie fecali.

Vediamo quindi come già nell’etimologia e nella definizione compaiono i meccanismi opposti del trattenere (costipazione) e del rilasciare le feci, solitamente prima di arrivare in bagno e quindi le feci finiscono in parte o tutte nelle mutandine. Si distingue in una forma primaria (quando il bambino non ha mai acquisito il controllo fecale) e in una secondaria, a comparsa in età successiva. È essenziale fin dall’inizio una valutazione approfondita da parte del pediatra specialista del sintomo per escludere cause organiche.

Purtroppo la costipazione rappresenta un motivo di inquietudine abbastanza frequente di uno o entrambi i genitori: questo aspetto è ancora più vero se durante l’apprendimento alla pulizia si è venuto a creare un conflitto fra il genitore e il bambino. A volte precocemente il genitore agisce con manipolazioni anali (tubicini, perette, supposte, gambi di vegetali vari) che può solo far sentire invaso il bambino e fissare il sovrainvestimento in questa zona corporea e la condotta sintomatica. La defecazione del bambino, nelle famiglie ove questo problema è presente, caratterizza così ogni giornata come un dono liberatorio per l’angoscia dei genitori, mentre la ritenzione delle feci nell’addome, scatena angosce “incontenibili”. Tutto ruota attorno alle feci del figlio, se le ha fatte e se non le ha fatte e lui/lei lo sentono, lo sanno, lo vedono. I bambini possono quindi esercitare il loro controllo sulle evacuazioni e non sempre secondo i desideri dei genitori, il bambino si sente padrone del proprio corpo e esercita il proprio potere a volte con un certo piacere. È importante quindi non porre eccessiva attenzione e conseguente ansia sull’evacuazione delle feci, così come non intrattenere una sorta di guerriglia con il figlio sull’andare o meno in bagno a evacuare. Con l’esperienza clinica si è visto che il primo aspetto fondamentale per il miglioramento del sintomo è parlare con il bambino del problema cosa non così facile. Solitamente i bambini con i genitori si arrabbiano se parlano delle loro mutande sporche e di come fare per risolvere il problema. È importante però non incentivare l’evitamento della presa di coscienza del problema, dobbiamo farlo con calma, con comprensione per poter capire cosa c’è alla base di tale difficoltà. Chiedere la collaborazione del bambino, una volta che ne ha preso consapevolezza è fondamentale, è importante che sappia chiaramente che svuotare l’intestino quando sente i primi segnali intestinali è la prima fondamentale terapia. Le encopresi non sono tutte uguali quindi non è possibile generalizzare, ma proprio per questo un approfondimento psicologico quando il sintomo è resistente, risulta fondamentale. Infine dobbiamo specificare quanto sia efficace un buon addestramento alla pulizia con autentico amore per gli escrementi del bambino: per la mamma dovrebbero costituire un dono d’amore, cose buone e non solo importanti dal punto di vista fisiologico. Questi tratti d’amore materno appaiono nella sua relazione con i piccoli. La madre che ha riconosciuto i doni del bambino come tali è nella posizione di chiedere un altro dono, lo sviluppo di un controllo simile a quello che lei stessa esercita sui suoi impulsi e sulle sue emozioni. La persona è infatti composta da una sola entità fatta di un corpo e da una mente che comunica. E così come disse Winnicott nel 1936: “La ragione di tutto questo è che lo sviluppo emotivo di un bambino è una cosa estremamente complessa, che coinvolge forze potenti…”.