PSICOLOGIA

a cura di Rosanna Martin, psicologa e psicoterapeuta AOU Meyer

Quello che sappiamo dell’età evolutiva lo dobbiamo in gran parte alle osservazioni psicoanalitiche madre-bambino che hanno raccolto nel tempo moltissimo materiale osservativo dei momenti salienti del comportamento del neonato e dell’interazione madre-bambino.
Ainsworth e collaboratori (Ainsworth et al., 1978) hanno notato che i bambini ai cui segnali le madri hanno risposto con sensibilità durante il primo anno di vita, non solo durante il primo semestre del primo anno piangono di meno dei figli di madri che reagiscono con meno prontezza, ma sono anche più desiderosi di accordarsi ai desideri dei propri genitori. Fornire una base sicura è sicuramente la caratteristica più importante dell’essere genitori

La base sicura permetterà al bambino o all’adolescente di poter partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui poter ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato.
Essere disponibili dunque, ma intervenendo solo quando è necessario, rispondere se chiamati in causa per incoraggiare e dare assistenza solo se chiamati a farlo. John Bowlby descriveva il ruolo del genitore paragonandolo all’ufficiale che comanda una base militare, la maggior parte del ruolo della base è di attesa, ma diventa vitale nel momento del bisogno. Fortunatamente gran parte di questi comportamenti vengono naturali a madri e padri che trovano divertenti e gratificanti gli scambi con i loro bambini e li lasciano sperimentare, sbagliare e correggersi.

Ma allora cosa succede quando alcuni bambini nei primi tre anni di vita irrompono in pianti interminabili e inconsolabili? Come mai il genitore quando presente, non riesce a calmare il bambino?

Escludendo chiaramente la motivazione organica, quando un bambino piange molto e appare inconsolabile, è preda a una profonda angoscia o rabbia incontrollabile; risulta inaccessibile e poco permeabile a ciò che gli sta intorno.
In questo caso l’unico comportamento utile è il contenimento fisico. Il genitore abbraccia con sicurezza il figlio parlandogli in modo calmo, in quel momento l’unico scopo deve essere calmare l’eccesso di pianto, fornire un abbraccio protettivo tralasciando il motivo per quale è iniziato.
Contenere con le braccia e la voce sarà necessario nonostante il bambino inizialmente vorrà allontanare il genitore e opporsi. Se questi episodi avvengono frequentemente per un desiderio frustrato o un rimprovero del genitore, dobbiamo riflettere sul tipo di base fornita, sicura e contenitiva o fragile e porosa?

Capita spesso nella pratica clinica di incontrare genitori di bambini piccoli spaventati dalla possibile reazione di pianto dei loro bambini, al punto da doverli accontentare alla minima richiesta.
Aver paura ed essere condizionati nei comportamenti genitoriali dalla possibile reazione del bambino, porta il piccolo a percepire un’assenza di sicurezza e può non si sentirsi al riparo da tutto ciò che può fargli paura. Costruire una relazione funzionale fra genitori e figli fin dai primi scambi affettivi e conoscitivi, significa dedicare attenzione e ascolto, costruire quella base sicura alla quale il bambino potrà tornare a rifugiarsi in tutti i momenti di angoscia, rabbia e paura, trovando contenimento e sicurezza fra le braccia del genitore.