PSICOLOGIA

di Francesca Maffei, responsabile del servizio di psicologia ospedaliera AOU Meyer

I bambini formano il senso di sé attraverso la relazione con l’altro, durante l’infanzia è nel rapporto con gli altri che si “colorano” le esperienze di sé nel mondo. È facile comprendere questo concetto utilizzando la metafora dello specchio: senza gli specchi non potremmo mai vedere i nostri volti. I bambini si vivono in funzione di come si percepiscono nel rapporto con l’altro e nel corso degli anni costruiscono un’immagine di sé influenzata dalle prevalenti esperienze di relazione, ed il risultato di questo processo è il frutto dell’incontro dell’elaborazione soggettiva che il bambino ha fatto di se stesso in relazione agli altri. Un altro aspetto da tenere in considerazione nella crescita del bambino è che lo sviluppo affettivo viene facilitato da un contesto che favorisca e permetta l’espressione di tutte le emozioni, i sentimenti e pensieri; quando i bambini fanno questa esperienza si sentino legittimati a sentire e pensare quello che sentono e pensano ed hanno quindi l’occasione di apprendere a modulare e regolare le emozioni, a confrontarsi su ciò che pensano attraverso uno scambio prima con l’adulto e poi con i pari. In questo contesto facilitante il bambino non apprenderà a reprimere sistematicamente alcune specifiche emozioni o determinati comportamenti in quanto li vive come inaccettabili da parte dell’altro e quindi fonte di vergogna, rifiuto etc. Tenendo in considerazione questi aspetti della crescita del sé e dell’affettività, qui solo accennati, possiamo riflettere in qualità di genitori ed educatori quanto siamo capaci di accogliere e legittimare il bambino in tutti i suoi bisogni, comportamenti , vissuti e tutte le sfumature dell’emozione. Prendiamo l’esempio di un bambino che ha molto successo a scuola, gli insegnanti e i genitori gli restituiscono continuamente un’immagine di sé di bambino bravo, che si impegna con costanza, che ha tanta forza di volontà e di bambino migliore degli altri, perché da lui ci si aspetta che faccia sempre bene e sempre meglio. Quel bambino nella crescita potrebbe scoprire ad esempio che la musica gli interessa di più della scuola e non autorizzarsi a seguire questa passione perché “lui è bravo a scuola” oppure potrebbe attraversare un periodo di particolare fatica nello studio e non riuscire a chiedere aiuto e a dire che è stanco per timore di deludere gli adulti. Riporto questo semplice esempio per introdurre una riflessione sull’importanza di crescere i bambini evitando un utilizzo pervasivo di giudizi di valore “sei bravo, sei intelligente, sei comprensivo, sei cattivo, sei sempre disponibile etc.” se l’adulto fa un utilizzo sistematico di questi giudizi di valore nella comunicazione con il bambino il rischio è che questo si senta appiccicato addosso un’etichetta che lo limita nell’espressione di bisogni e di potenzialità che vanno in una direzione diversa da quella prevista dall’etichetta. Gli adulti possono restituire al bambino un’immagine di lui evitando di utilizzare etichette che categorizzano e rischiano di chiudere la definizione di sé piuttosto è utile usare uno stile di comunicazione che esplori e valorizzi la ricca e articolata qualità dell’esperienza che il bambino fa di se stesso, del mondo e che va costruendo la propria unica e complessa identità.