IL GIOCO È UNA COSA SERIA

a cura di Manuela Trinci, psicoterapeuta infantile, direzione scientifica Ludo-biblio AOU Meyer

Come giocavamo quando non c’era la televisione e la console della play non troneggiava ancora nel salotto buono di casa? Come si giocava quando un giornalino quale Il giornale per i bambini, diretto nientepopodimeno che da Carlo Collodi, costava 50 centesimi delle vecchie lire e il premio per il vincitore di giochi ormai dimenticati era una “medaglia in cioccolata”?

Succede sempre più spesso che genitori e insegnanti lamentino, nei bambini di oggi, la mancanza di passione per la storia, per le tradizioni, come pure colgano una certa opacità sentimentale nel loro modo di giocare, abituati come sono, i ragazzini, al “corri e compra” e “usa e getta”.

Un’idea potrebbe essere, allora, quella di proporre a bambini e ragazzini qualche “escursione” nei mercatini di antiquariato o di modernariato dove, poggiati sulle bancarelle, fra cartoline e stampe d’epoca, in un tuffo nella storia, si possono ancora trovare i primi settimanali italiani per l’infanzia e l’adolescenza. Topolino certo o Il Monello o l’Intrepido o qualche numero del Corrierino dei Piccoli e accorgersi così che fra quelle pagine ingiallite insieme a rubriche, corrispondenza, storie, disegni, venivano proposti ai piccoli lettori tanti giochi, ma così tanti che l’idea successiva potrebbe essere una raccolta personalizzata dei giochi di una volta.

Con un po’ di fortuna si potrebbe scovare anche una rarità come un numero di Cordelia - il giornale per le giovinette diretto da Ida Baccini e accorgersi che, alla fine dell’Ottocento, i giochi da femmine non erano minimamente condivisibili con i maschi! I Cerchietti, per esempio, gioco pensato per una coppia di bambine. Si trattava di prendere un cerchietto in legno di portarlo in verticale all’altezza del volto e di lanciarlo, grazie a due bastoncini, verso l’avversaria che, rapidissima doveva raccogliere al volo il cerchietto usando i suoi due bastoncini. Erano consentiti “saltelli” e “gridolini” di accompagnamento.

Anche i giuochi di pazienza erano molto in auge, come pure gli scioglilingua o giuochi matematici. Qualcuno pare ormai estinto come Tiritessi, o Trovalanoce (scritto tutto attaccato!), qualcun altro ha solo cambiato nome ma è rimasto tale e quale. Esempio Il rimbalzello, gioco – si trova scritto – che si fa “in due o più, i quali, uno alla volta, lanciano nel mare, nei laghi, nei fiumi, per farli rimbalzare fuori, de’ sassolini lisci, raccolti sulla spiaggia. Chi riesce meglio e per più volte a far schizzare a fior d’acqua il suo sassolino, a farlo saltare e andare più lontano, vince.”

Ma fra i top dieci dei “ritrovati” al primo posto non può che esserci: Il cencio molle (Il giornale per i bambini 1886). “Un gioco di pegno: si prende un piattino da caffè con entro un po’ d’acqua e un cencio bianco di bucato, e si va in giro per tutta la conversazione che sta disposta in cerchio a sedere, dicendo a ciascuno, col piatto da una mano e il cencio fradicio nell’altra, in atto sempre di sbatterlo nel viso a quello che ride: se riderete, se piangerete, cencio molle bacerete, e quello interrogato deve rispondere senza ridere: Non riderò, né piangerò, né cencio molle bacerò.

Se ride gli si sbatte il cencio sul viso; e se non ride si passa al suo vicino, ripetendo le stesse parole; e così via sino al termine del gioco, e se vuole si ricomincia a piacere del maestro o del “capogiuoco”.
E il divertimento, dopo 135 anni, rimane assicurato!