PAROLA DI ESPERTO

a cura di Luisa Galli e Roberta Pellegrino, Malattie infettive AOU Meyer

Una delle cause più frequenti di visite pediatriche è il mal di gola dovuto alla faringotonsillite, un’infiammazione del faringe e delle tonsille spesso accompagnata da febbre, tosse e raffreddore.
Tale quadro è nella maggior parte dei casi causata da virus per cui non richiede terapia antibiotica e si risolve spontaneamente nell’arco di 5-7 giorni.
In circa un bambino su 4, tuttavia, il mal di gola è dovuto allo Streptococco beta emolitico di gruppo A, il cosiddetto Sbega, che richiede l’avvio di un’adeguata terapia antibiotica perché, anche se raramente, può causare complicanze anche gravi (es. otite, ascessi tonsillari e sinusiti, malattia reumatica).

È quindi molto importante distinguere la faringotonsillite virale da quella streptococcica. Comunemente la faringite da Sbega si presenta con “gola rossa”, aumento delle dimensioni delle tonsille e “placche alla gola” cioè la presenza di materiale biancastro sulla superficie delle tonsille. Questi segni possono, però, essere presenti anche in corso di infezioni virali come nella mononucleosi o nel caso di infezione da adenovirus. Per tale motivo la sola visita, anche in presenza di febbre o “placche”, non è un’indicazione sufficiente alla prescrizione di terapia antibiotica, che dovrebbe essere avviata solo dopo aver effettuato un tampone faringeo che confermi l’infezione streptococcica. Lo Sbega presente nel faringe del bambino malato può essere trasmesso per via aerea tramite le goccioline di saliva o tramite l’utilizzo di oggetti contaminati (giocattoli, posate, bicchieri…). I bambini con infezione da Sbega sono contagiosi e fino a 24 ore dopo l’inizio del trattamento antibiotico.

Lo Sbega può essere presente anche nel faringe di adulti e bambini in assenza di segni o sintomi di infezione, in questo caso si parla di soggetto portatore di Sbega e non è indicata alcuna terapia. Per tale motivo, il tampone faringeo per la ricerca dello Sbega deve essere eseguito solo in presenza di segni o sintomi suggestivi dopo un’adeguata valutazione medica, evitando l’autodiagnosi e l’autoprescrizione di inappropriata terapia antibiotica.
Alcuni tipi di Sbega producono delle tossine, dette tossine pirogeniche, in grado di determinare l’unica malattia esantematica di origine batterica: la scarlattina.

Quest’ultima colpisce tipicamente i bambini di età superiore ai 2 anni e si manifesta dopo 2-5 giorni dal contatto con un soggetto infetto con febbre alta (> 38.5°C) con brividi, mal di gola, nausea, vomito e mal di testa. Dopo 24-48 ore inizia la fase esantematica con la comparsa di piccole macchie rosso scarlatto e un po’ rilevate che tendono a unirsi dando alla cute la tipica consistenza simile alla carta vetrata.
L’esantema compare a livello delle pieghe inguinali e ascellari per poi ricoprire il tronco, gli arti e il volto. A livello del volto le macchie risparmino la regione del naso e la zona intorno alla bocca che appaiono quindi più pallide, determinando la cosiddetta maschera di Filatow. La lingua inizialmente presenta una patina biancastra per poi diventare di colore rosso intenso con le papille rilevate assumendo un aspetto simile a una fragola rossa.

Dopo 3-4 giorni le macchie sulla pelle scompaiono e si assiste a desquamazione della pelle che può durare fino a 20 giorni. Come per la faringotonsillite, il sospetto clinico di scarlattina deve essere confermato dalla positività del tampone faringeo per Sbega.
Sia la faringite streptococcica che la scarlattina devono essere diagnosticate e trattate solo su indicazione medica con adeguata terapia antibiotica per 10 giorni al fine di prevenire le complicanze, per tale motivo è importante non interrompere la somministrazione dell’antibiotico precocemente a prescindere dalla risoluzione dei sintomi. Infine, è sconsigliato eseguire tamponi di controllo al termine della terapia.