PSICOLOGIA

a cura di Rosanna Martin, servizio di Psicologia ospedaliera AOU Meyer

Se lo studio è il lavoro dei ragazzi, è giusto proporre anche il lavoretto estivo? Oggi più che mai di fronte al ripiegarsi degli adolescenti all’interno delle mura domestiche, volgersi il più possibile all’esterno stimolando anche l’audacia di un’esperienza lavorativa, sembra importante tanto quanto la scuola con il suo lavoro cognitivo. Un articolo che ci aggiorna sulla recente rivincita degli over 50 nelle aziende, sostiene che si preferiscano i “longennials” (così vengono definiti i lavoratori più anziani) perché già con esperienza e più combattivi rispetto ai giovani, che appaiono preparati a livello teorico ma a volte arrendevoli e poco determinati. Gli esperti aziendali sostengono che ci troviamo di fronte a una generazione di ragazzi preparatissimi, ma tutti uguali e inesperti del mondo reale.

Quasi un’inversione di tendenza rispetto all’idea che un frenetico programma di preparazione agli studi universitari da parte degli adolescenti, possa risultare interessante per candidarsi a un lavoro. Molti genitori preferiscono per i figli costosi soggiorni all’estero per implementare le conoscenze informatiche o l’inglese o l’uno e l’altro, piuttosto che proporre il semplice lavoretto estivo o perché no autunnale, per la raccolta nell’agricoltura.
I responsabili di importanti università hanno più volte dichiarato che hanno molto piacere di ricevere domande di ammissione da parte di ragazzi che hanno esperienza del mondo del lavoro. Allora sembrerebbe davvero che il lavoretto possa “nobilitare”, “elevare”, far “acquistare prestigio” ai nostri figli. Guadagnare soldi, seppure poco, regala un senso di soddisfazione e aumenta l’autostima così come guadagnare esperienza e confronto con i “grandi che pagano”, costituisce un’esperienza emancipativa e accrescitiva. Per molti ragazzi il lavoretto estivo, può costituire la prima volta in cui sono stati lontani dai genitori e in cui hanno dovuto interagire con altri adulti (i datori di lavoro, i clienti) con una ricercata fiducia in se stessi, in modo libero e "personale", mettendosi alla prova con caratteri e temperamenti differenti.
L’interazione del ragazzo con gli adulti solitamente legati al mondo della scuola, non ha lo stesso “sapore” rispetto all’esperienza con un datore di lavoro, lo studio sappiamo può essere amato o odiato e così l’adulto che ha l’onere di rappresentarlo. Le capacità scolastiche e l’impegno possono costituire lo sfondo in cui le relazioni con gli insegnanti si esplicano. Il lavoro può essere un “libera tutti”, una pulizia dagli aspetti libreschi e un’immersione nella praticità del manuale e del fattivo.

Ma l’importanza del lavoretto non è solo legata alla remunerazione, può essere anche un’esperienza per un progetto extrascolastico come partecipare a campi di lavoro estivi per sostenere persone in difficoltà o progetti. Sono comunque storie di crescita, di autonomia, di costruzione del sé, di relazioni nuove in ambiti sconosciuti, esperienze che chiedono il confronto con quella parte interiore che “risolve i problemi”, che cerca e trova soluzioni, che non si arrende alle frustrazioni.
È proprio in questi aspetti che l’esperienza del “lavoretto” può risultare accrescitiva. È inoltre un'occasione per imparare nuove abilità e per cimentarsi con un senso di responsabilità. Soprattutto, è un’esperienza illuminante per capire quanto tempo e quanto sforzo occorrano per ottenere quella paga.

Un lavoro aggiungerà dunque valore al curriculum, regalerà storie che racconteranno per tutta la vita e potrebbe anche essere l’occasione per fare amicizie non abituali tra generazioni e classi socio economiche diverse. Costruirà resilienza e umiltà, e farà loro apprezzare il valore del denaro, l'importanza dell'educazione e dello studio.