PSICOLOGIA

a cura della dottoressa Alessandra Bettini, servizio di Psicologia ospedaliera AOU Meyer IRCSS

Ed ecco che un genitore può arrivare a chiedersi: ma è possibile che mio figlio soffra di ansia?
La risposta è si, ovviamente! Perché l’ansia è un’emozione comune!
Ma iniziamo facendo un po' di chiarezza sul termine stesso: con ansia intendiamo una condizione simile ma diversa dalla paura, legata alla preoccupazione per una situazione che deve verificarsi nel futuro, spesso poco conosciuta ma che immaginiamo essere “pericolosa”; mentre la paura è un’emozione legata alla reazione istintuale che si manifesta quando ci troviamo di fronte a un pericolo preciso e reale. In genere l’ansia si manifesta in occasione di esperienze che richiedono la separazione dai genitori (soprattutto per i più piccoli o fragili), l’affrontare le richieste scolastiche, sportive o sociali, alle volte vissute come “troppo”.

Spesso la manifestazione è corporea, così che vedremo comparire mal di pancia, mal di testa, irrequietezza, a cui possono accompagnarsi uno stato di tensione e irritabilità.
Come genitori è fondamentale non brontolare e non punire il bambino per queste manifestazioni, né tantomeno sminuirle, reprimerle o ignorarle. Di fronte a situazioni ansiogene per il bambino commenti come “cosa vuoi che sia, non si può aver paura di questo”, “ora basta o ti metto in punizione”, “non voglio più sentire una parola/non voglio più sentirti piangere” e simili, devono essere assolutamente evitati, altrimenti il bambino imparerà che ciò che prova non va bene e che lui stesso è sbagliato, aprendo la strada a un rapporto difficile con la propria emotività, a insicurezze e scarsa autostima.

Non c’è niente di male ad avere un po' di ansia a volte! Come adulti è fondamentale guidare bambini e ragazzi ad ascoltarla, a comprendere come mai si è presentata e a non rifuggirla, senza lasciarli soli ad affrontarla. La risposta dei genitori funzionerà da bussola, facciamo un esempio: un bambino inizia ad agitarsi nel tragitto casa-scuola e piange dicendo di non voler entrare.
Assecondare tale richiesta senza averne prima indagato i motivi, riportando il bambino a casa, manderà il messaggio che il presunto pericolo è reale, che fa bene ad aver timore e che non ha le capacità di affrontare quella situazione! Sarà invece importante chiedere come mai è così preoccupato di andare a scuola, ascoltarlo e farlo sentire compreso, per poi incoraggiarlo ad affrontare ciò che si presenterà, rinforzando e riconoscendo le sue risorse.

Generalmente l’ansia è passeggera e una volta affrontata la situazione temuta scomparirà, per presentarsi a una prossima sfida. Può però capitare che per vari motivi, tra cui anche il mancato ascolto e sostegno da parte dell’adulto, inizi a diventare eccessiva e inappropriata, fino a rendere la quotidianità molto faticosa se non addirittura alterata, con veri e propri evitamenti di situazioni ed esperienze. Quando la situazione inizia a configurarsi in tale direzione sarà fondamentale chiedere aiuto e riferirsi a uno specialista.