All'ospedale fiorentino la lezione del medico di "Fuocoammare"
Firenze - A renderlo famoso è stato il grande schermo, con “Fuocoammare”, il film-documentario dedicato al dramma degli sbarchi dei profughi a Lampedusa. Ma l’impegno quotidiano di Pietro Bartolo per i migranti va avanti dal 1991: in questi venticinque anni di attività, nel difficile ruolo di ufficiale sanitario delle Isole Pelagie, Bartolo ha visitato e prestato assistenza a oltre 250mila immigrati, arrivati nell’isola siciliana per fuggire alle guerre e alla povertà, in cerca di un futuro migliore per sé e per i propri figli.
In una data fortemente simbolica quale è la Giornata mondiale del Rifugiato, il medico di Lampedusa ha portato al Meyer la sua incredibile esperienza di vita professionale e personale. Ad ascoltare le tante storie, (molte drammatiche, alcune a lieto fine), di cui è stato spettatore, e al tempo stesso protagonista, nell’aula magna del Meyer, c’erano tanti operatori dell’ospedale pediatrico fiorentino. L’incontro è stato promosso e organizzato dal Centro Studi della Fondazione Meyer, nella convinzione che questa testimonianza rappresenti una preziosa opportunità formativa per tutti coloro che lavorano in ambito medico e sanitario. “Il Centro Studi – spiega il presidente Gianpaolo Donzelli - è attento a tutte quelle esperienze culturali e politiche che servono a riflettere sull’identità e sulla crescita dell’ospedale”. La scelta di chiamare il medico a tenere un incontro aperto non è casuale. “Pietro Bartolo – spiega Donzelli - rappresenta l’aspetto più nobile della professione medica. La sua testimonianza è un richiamo forte a tutta la comunità scientifica a riflettere oggi sui valori che stanno alla base di chi si prende cura delle persone più fragili”.
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